Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/295

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«Frattanto Dadbin fu costretto a fare un viaggio in una provincia dei suoi stati, ov’era necessaria la di lui presenza; prima di partire, chiamò a sè il visir Cardan, e lo incaricò di governare durante la sua assenza. — Ciò che sopra tutto ti raccomando,» gli disse poi, «è d’invigilare su Aroa: tu sai che per ottenerla fui costretto ad impiegare la forza; essa è quanto ho di più caro al mondo; abbi cura che quel tesoro non mi sfugga.» Cardan, lusingato dalla fiducia del re, l’assicurò che poteva contare sul proprio zelo e la sua vigilanza.

«Dopo la partenza di Dadbin, Cardan fu curioso di vedere la donna che gli era affidata; approfittò dell’autorità, che aveva su tutti quelli che circondavano la regina, e si nascose in un luogo favorevole al suo disegno. Rimase abbagliato dalla bellezza di Aroa, e se ne invaghì talmente, che ne smarrì il riposo e la ragione. Risoluto di farle conoscere i propri sentimenti, le scrisse una lettera del tenore seguente:

«Madama, l’amore che ho per voi concepito, mi consuma; io ne morrò, se non avete pietà dell’infelice Cardan.»

«La regina, sdegnata dell’insolenza di quel biglietto, glielo rimandò tosto con questa risposta:

«Il re vi ha onorato della sua fiducia: cercate di meritarla, e siate fedele come volete sembrarlo. Pensate anche a vostra moglie, e non tradite l’amore che le dovete. Se voi mi parlerete ancora in codesto modo, io svelerò la vostra infamia e vi smaschererò agli occhi del pubblico, aspettando che il re punisca la vostra perfidia.»

«Quella lettera fu un colpo di fulmine per Cardan; conobbe riescirgli impossibile, di sedurre la regina e temè ch’essa raccontasse al consorte quanto era avvenuto. — La regina può perdermi,» pensò egli,