Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/696

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vedesse con occhio indifferente, ed ella medesima me ne diede in breve la conferma. — È inutile,» mi disse, «nascondervi i sentimenti che m’avete già da gran tempo inspirati; il modo con cui vi ricevo, vi mostra fino a qual punto voi m’interessate.

«Quelle parole furono come un dardo di fuoco che mi penetrò sino in fondo al cuore; ebbi appena il tempo di contenere i miei trasporti, e le manifestai con vivacità tutto l’amore che risentiva.

«— Sapete voi,» mi disse allora la giovine, «a chi tenete questo linguaggio? — Signora,» risposi, «questa conoscenza non potrebbe alterare il mio amore. — Sappiate,» soggiuns’ella, «che la mia nascita ed i miei sentimenti non mi permettono d’ascoltare altro amore, che l’onesto e legittimo. Io sono la principessa Dunia, figlia di Jahia Ebn Khaled al Barmaki, e sorella del gran visir Giafar. —

«Tal discorso mi cagionò estrema sorpresa; arretrai di qualche passo, e cercai scusarmi dicendo: — Perdonate, signora, la mia indiscrezione, e tollerate una confessione che avrei seppellito per sempre nel mio cuore, se avessi conosciuto prima l’alto vostro grado. Le bontà che vi degnaste dimostrarmi, mi accecarono; lo confesso, elleno sole possono servirmi di scusa.

«— Non cercate di scusarvi,» riprese ridendo la principessa; «io non avrei fatta per la prima la confessione de’ miei sentimenti, se non avessi avuto il pensiero di sposarvi. Giacchè i nostri cuori s’intendono così bene, nulla ora potrebbe opporsi alla nostra unione. Io posso disporre della mia mano, ed il cadì non mi rifiuterà il suo ministero.» Ciò detto, la bella Dunia comandò che si andassero a cercare il cadì ed i testimoni.

«Giunto il magistrato, la principessa così gli parlò: