Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/279

Da Wikisource.

261


minciò a suonare sul liuto un’arietta allegrissima, alle cui note il cadì fu costretto a danzare, facendo, come uno scimiotto, mille gesti e contorsioni grottesche, e battendo col cimbalo la misura, il tutto davanti al marito, che quello spettacolo divertiva assai, e che di tempo in tempo sclamava con beffardo accento: — Davvero, moglie mia, se non sapessi che questo mariuolo è un buffone, lo prenderei pel nostro cadì; ma, Dio mi perdoni! so che il degno nostro magistrato trovasi di presente in orazione od occupato ad esaminare qualche causa che deve giudicare domani.» A tali detti, il cadi ballò con nuovo ardore, e fece gesti ancor più ridicoli, nella speranza di non essere riconosciuto. Infine, sfinito da un moto sì violento e tanto contrario alle sue abitudini, volle fermarsi; ma il marito, senza pietà, gli comandò di continuare quell’esercizio; minacciandolo del bastone, sinchè il giudice cadde spossato e tutto in sudore. Lasciatolo allora un po’ in riposo, l’inesorabile marito gl’ingiunse poi di narrargli qualche storiella, ed il povero cadì, sempre atteggiandosi alla parte di buffone, cominciò di tal guisa:


STORIA

RACCONTATA DAL CADÌ.


«— Un giovine sartore, la cui bottega stava rimpetto alla casa d’un officiale, vide un giorno comparire alla finestra la moglie di costui. Era giovane e bella, e bastò un di lei sguardo per far girare il cervello al povero mercadante, il quale, abbandonandosi alla sua insensata passione, stava i giorni intieri a spiarla,