Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/617

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rarvi da quelle nelle quali vi tiene allacciato l’amore. — Ebbene,» soggiunse Aaron, «andiamo alla caccia od alla pesca; ma la nostra scorta non ci seguirà se non di lontano. —

«Saliti ciascuno sur una mula, si misero a percorrere i campi, e dopo aver errato a lungo sotto la sferza del sole, venne sete al califfo, il quale: — Veggo laggiù qualcheduno,» disse a Giafar; «è probabilmente un giardiniero che potrà procurarmi un po’ d’acqua. Rimani qui colla gente dei nostro seguito: torno subito.» Sì dicendo, si allontanò colla rapidità d’un torrente che precipitasi dall’alto d’una rupe.

«L’uomo veduto da Aaron era il pescatore Califfo, il quale, nudo, coperto di sudore e di polvere, cogli occhi smarriti, somigliava agli spiriti malefìci erranti nei luoghi deserti. Aaron lo salutò e gli chiese se nei dintorni non vi fosse acqua. — Siete cieco o pazzo?» gli rispose il pescatore; «a tre passi di qui scorre il fiume.» Corse il califfo al Tigri, e dopo aver bevuto, tornò al pescatore. — Qual è la tua professione?» gli chiese. — Non me ne vedete gli attributi sulle spalle?» rispose l’altro. — Sì,» soggiunse Aaron; «ma dove sono il tuo sacco, le vesti, la cintura, i calzoni?» Il pescatore, che aveva perduto appunto tutte le cose nominate dal califfo, non dubitò che questi non gli avesse fatto quel tiro, rubandogli il sacco. Presa adunque la mula per la briglia, gridò: — Rendimi il mio sacco e non ispingere più innanzi sì brutto scherzo. — Io non ho veduto il tuo sacco, lo giuro,» rispose Aaron, che aveva, come si sa, le guance tumide e piccolissima bocca. — Certo,» riprese il pescatore, «tu sei trombetta di professione; ma io sono buon cavallo di battaglia e non mi lascio spaventare. Restituiscimi dunque i miei abiti, o ti faccio provare il peso di questo bastone.» Aaron-al-Raschild, vedendo che non eravi da scherzare con un