Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/719

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diede altri dieci zecchini al battelliere, che lo colmò di lieti auguri per l’adempimento delle sue brame. Ihrahim trovò infatti il gobbo seduto sulla scalinata davanti la porta e con in mano una mazza, e gli si gettò a’ piedi. — Chi siete, figliuolo?» gli chiese il gobbo, maravigliato di quell’atto, e più ancora della bellezza del giovane. — Sono,» rispose Ihrahim, «un povero forestiere, un giovane sfortunato.» Il gobbo si sforzò di consolarlo e se lo fece sedere vicino. — Non istate ad affliggervi, figliuolo,» gli disse; «se avete debiti, saranno pagati; se avete bisogni, vi si provvederà. — Non ho, grazie a Dio, nè debiti, nè bisogni; non manco di denaro. — Ma qual motivo,» ripigliò il portinaio, «potè indurvi ad esporre la vita avvicinandovi a questi luoghi?» Ibrahim allora gli raccontò tutta la sua storia. — Possa Iddio,» sclamò il gobbo, «rimunerare mio fratello sartore per avervi dato un sì bel consiglio! Lo giuro, se non provassi interesse per voi, la sua testa, la vostra, quella del custode del khan e di sua moglie avrebbero pagata la vostra temerità. Vedete questo giardino? non v’ha il suo simile al mondo, e si chiama il giardino delle perle. A mia cognizione, niuno vi è mai entrato, tranne il sultano e la bella Gemileh, alla quale appartiene. Da venticinque anni che sono qui giardiniere, non ho mai veduto alcuno che osasse chiedere il permesso di esservi introdotto. Gemileh viene qui ogni quaranta giorni, ma celata a tutti gli occhi da dieci schiave, le quali la portano in un padiglione di raso che la nasconde intieramente. Non ho che una testa da arrischiare per voi, pure l’arrischierò. Seguitemi, sono a condurvi nel giardino. —

«Il principe entrò insieme al gobbo nel giardino, ove rimase incantato vedendo alberi magnifici esalanti il profumo del muschio, ruscelli argentei, uc-