Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/227

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di giorgio cortesio. 223

continuità che deono avere le parti; ma quel che importa è la divisione del mezzo. Quell’esperienza che adduce, che l’esalazioni ignee più velocemente ascendono per l’acqua che non fa l’aria, vorrei ch’egli dicesse donde ha tal esperienza, e se mai ha visto tali esalazioni ascender per l’acqua; perchè né io, né altri con i quali abbia ragionato di questo, siamo stati di vista tanto acuti, che le abbiamo potute discernere.

Dice poi, centra il Buonamico, che tanto é considerare ne’ mobili il predominio delli elementi, quanto l’eccesso o ’l mancamento di gravità; e però, tant’é il dire che il legno dell’abete non va al fondo perchè ha predominio aereo, quanto il dire, perché è men grave dell’acqua. Si risponde, molto meglio essere il dire che galleggia il legno per il predominio aereo che per esser men grave, perchè nel legno notante si deono considerare due cose: l’una è l’immergersi alquanto nell’acqua, l’altra è il non sommergersi: quella viene per ragione della terra, questa per la ragione dell’aria che si contiene in esso; a quella fa l’acqua resistenza, con questa non ha combattimento veruno, che non cerca l’aria andar sotto acqua; e pur con questa deverebbe esser la contesa, se l’acqua resistesse al men grave. Oltre che già si è provato che anche i più gravi galleggiano; sì che la cagione immediata del galleggiare non è l’essere men grave dell’acqua, ma il predominio aereo, con la resistenza del mezzo, come si è detto.

Comincia il Galilei con l’esperienze a dimostrare che la figura non operi nel galleggiare. E l’esperienze sono: la prima d’un conio o piramide, fatta d’abete, cipresso, cera, o altra materia simile; ed afferma che ugualmente tanto la parte larga, quanto l’acuta, del conio o piramide, penetra l’acqua; donde raccoglie che niente operi la figura. Al che, primo, si risponde, non essere tale esperienza a proposito; di poi, concludere cosa falsa. Non è a proposito: perchè quando parliamo della figura piana, intendiamo una figura assolutamente tale, quale potria essere una tavoletta d’ebano o un quattrino; ma quando l’Autore parla del piano del conio piramide, parla di una sola parte, e perciò non è maraviglia che ’l piano della piramide, per gravità del resto, si sommerga fin tanto che non ritrova tant’acqua a sostenerlo. Se poi, rivolgendo la parte acuta verso l’acqua, si vedrà che tanto della parte più larga resterà fuora dell’acqua, quanto ne restava fuori volta per l’altro verso; la ragione sarà, perchè quando le forze del grave imposto superano le forze dell’acqua, tanto vincerà un corpo più grave, quanto un men grave. E bisogna ben notare, che quella parte della piramide che è più facile a dividere l’acqua, è più difficile a essere sospinta; e per il contrario, la parte che è più larga, come è più difficile a fendere, così è facile ad esser cacciata: tal che simili esempi non fanno a proposito. Poi, che concludono cosa falsa, si vede chiaramente, fermandosi la piramide tutta quasi in un punto dalla parte acuta, e in larghezza dalla base, cioè in più punti; e più difficilmente trapassano più punti che uno: donde si conosce che lo stesso Autore, forzato dalla verità, dice