Volgo poi l’argomento, e ti conchiudo,
E ti fo confessare a tuo1 dispetto,
Che ’l sommo ben sarebbe andare ignudo.
E perchè vegghi che quel ch’io ho2 detto 50È chiaro e certo e sta com’io lo dico3,
Al senso e alla ragion te ne rimetto.
Volgiti a quel felice tempo antico,
Privo d’ogni malizia e d’ogni inganno,
Ch’ebbe sì la natura4 e ’l cielo amico; 55E troverai che tutto quanto l’anno
Andava nud’ognun, picciol e grande,
Come dicon i libri che lo sanno.
Non ch’altro, e’ non portavon le mutande,
Ma quant’era in altrui di buono o bello5 60Stava scoperto da tutte le bande.
E così ognun, secondo il suo6 cervello,
Coloriva e ’ncarnava il suo disegno,
Secondo che gettava il suo pennello;
Nè bisognava7 affaticar l’ingegno 65A strolagar per via d’architettura,
O ’ndovinar8 da qualche contrassegno:
Non occorreva andar per cognettura,
Perchè la roba stava in su la9 mostra,
E si vendeva a peso e a misura. 70E quest’è la ragion10 che ci dimostra
Ch’allor non eron gl’inconvenienti11,
Che si veggon seguire all’età nostra.
Quella sposa si duol co’ suo’12 parenti,
Perchè lo sposo è troppo mal fornito, 75E non ci vuole star sotto altrimenti;
Ma dice che ci piglierà13 partito,
↑49. vegghi meglio quel ch’ho, D, F, G - ch’io t’ho, E, s
↑50. Nel cod. D prima era scritto E chiaro e certo; poi fu corretto E tutto vero, che è la lezione dei codici E, F, G e della stampa s. — e sta come la dico, C — io ti dico, D, F, G