Pagina:Le opere di Galileo Galilei V.djvu/339

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a madama cristina di lorena. 335

son veramente della Terra, nel venir poi a ridargli in tavole ed all’applicargli all’uso, gli va nominando per del Sole e del cielo superiore a i pianeti, chiamando nascere e tramontar del Sole, delle stelle, mutazioni nell’obliquità del zodiaco e variazioni ne’ punti degli equinozii, movimento medio, anomalia e prostaferesi del Sole, ed altre cose tali, quelle che son veramente della Terra. Ma perchè, sendo noi congiunti con lei, ed in conseguenza a parte d’ogni suo movimento, non gli possiamo immediate riconoscere in lei, ma ci convien far di lei relazione a i corpi celesti ne’ quali ci appariscono, però gli nominiamo come fatti là dove fatti ci rassembrano. Quindi si noti quanto sia ben fatto l’accomodarsi al nostro più consueto modo d’intendere.

Che poi la comun1 concordia de’ Padri, nel ricever una proposizione naturale dalla Scrittura nel medesimo senso tutti, debba autenticarla in maniera che divenga de Fide il tenerla per tale, crederei che ciò si dovesse al più intender di quelle conclusioni solamente, le quali fussero da essi Padri state discusse e ventilate con assoluta diligenza e disputate per l’una e per l’altra parte, accordandosi poi tutti a reprovar quella e tener questa. Ma la mobilità della Terra e stabilità del Sole non son di questo genere, con ciò sia che tale opinione fosse in quei tempi totalmente sepolta e remota dalle questioni delle scuole, e non considerata, non che seguita, da veruno; onde si può credere che nè pur cascasse concetto a’ Padri di disputarla, avendo i luoghi della Scrittura, la lor propria opinione, e l’assenso de gli uomini tutti, concordi nell’istesso parere, senza che si sentisse

3-4. mutazioni dell’[dell’ è sostituito, di mano di Galileo, ad una parola che non è più possibile leggere] obliquità del zodiaco e variazione de’ punti — 10-11. Nel cod. V le parole Quindi... intendere si leggono cancellate; e dopo intendere continua, pur sotto le cancellature: come comunemente avertisce S. Tommaso, cap. 26 In Iob, lec. 1, fa la Sacra Scriptura, ove dice queste parole: Hoc spacium vulgares homines vacuum reputant: loquitur enim Scriptura secundum extimationem vulgarium hominum, prout est mos eius. Attamen multo facilius poterat persuaderi vulgus, hoc spacium esse plenum aëre quam Terram moveri etc. Videte hunc locum. [Cfr. pag. 333, lin. 30 e seg., e la lezione di questo passo secondo il cod. V, riportata tra le varianti.] — 15. dovesse intender al più di quelle — 22-24. disputarla, poi che i luoghi, uomini... tutti si trovavano concordi

13. naturale della Scrittura, s — 15. dovesse intender, G —
  1. Nel cod. V il tratto da «Che poi la comun» a «abbino fatto» (pag. 336, lin. 14) è scritto su di un foglio che fu aggiunto più tardi, e da «Anzi, dopo» a «alla Scrittura» (pag. 336, lin. 14-19) manca: cosi che dopo «rassembrano» (pag. 335, lin. 10; vedi ciò che è notato tra le varianti del cod. V a proposito delle lin. 10-11) originariamente nel cod. V continuava : «Oltre che io averei ecc.» (pag. 336, lin. 20).