Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/457

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giornata quarta. 449

vilii, signor Simplicio, vi galleggiano come nella prima, senza demergersi un capello di più; un barile di questa seconda non pesa un sol grano più nè meno che altrettanta quantità dell’altra; ritiene la medesima freddezza, non punto alterata: è in somma acqua nuovamente e visibilmente entrata per i tagli e bocche del Lio. Trovatemi ora voi come e donde ell’è qua venuta. Son forse qui intorno voragini o meati nel fondo del mare, per le quali la Terra attragga e rinfonda l’acqua, respirando quasi immensa e smisurata balena? Ma se questo è, come nello spazio di 6 ore non si alza l’acqua parimente in Ancona, in Ragugia, in Corfù, dove il ricrescimento è piccolissimo e forse inosservabile? chi ritroverà modo di infondere nuova acqua in un vaso immobile, e far che solamente in una determinata parte di esso ella si alzi ed altrove no? Direte forse, questa nuova acqua venirgli prestata dall’Oceano, porgendogliela per lo stretto di Gibelterra? questo non torrà le difficoltà già dette, ed arrecheranne delle maggiori. E prima, ditemi qual deva essere il corso di quell’acqua, che, entrando per lo stretto, si conduca in 6 ore sino all’estreme spiagge del Mediterraneo, in distanza di due e tremila miglia, e che il medesimo spazio ripassi in altrettanto tempo nel suo ritorno? che faranno i navilii sparsi pe ’l mare? che quelli che fussero nello stretto, in un precipizio continuo di un’immensa copia di acque, che, entrando per un canale largo non più di 8 miglia, abbia a dare il transito a tant’acqua che in 6 ore allaghi uno spazio di centinaia di miglia per larghezza e migliaia per lunghezza? qual tigre, qual falcone, corse o volò mai con tanta velocità? con velocità, dico, da far 400 e più miglia per ora. Sono (nè si nega) le correnti per la lunghezza del Golfo, ma così lente che i vasselli da remi le superano, se ben non senza scapito del loro viaggiare. In oltre, se quest’acqua viene per lo stretto, resta pur l’altra difficoltà, cioè come si conduca ad alzar qui tanto, in parti così remote, senza prima alzar per simile o maggiore altezza nelle parti più propinque. In somma non credo che nè ostinazione nè sottigliezza d’ingegno possa ritrovar mai ripiego a queste difficoltà, nè in conseguenza sostener contro di esse la stabilità della Terra, contenendosi dentro a i termini naturali.

Sagr. Di questo resto io sin ora benissimo capace, e sto con avidità attendendo di sentire in qual modo queste maraviglie possono seguire senza intoppo da i moti già assegnati alla Terra.