Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/663

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di antonio rocco. 655


regolata e conseguente, come son pronto di far veder a chi si sia, o pure come ogni intelligente non appassionato può veder da se stesso. E per questo, im-moderatamente amplificare che nell’istessa maniera si contengano i sensi ne i suoi scritti come tutte le cose nell’alfabeto o tutte le pitture ne i colori, non è da persona amica sinceramente dell’investigation del vero, ma più tosto da mordace ed invida dell’altrui gloria. L’esser egli recondito e succinto è virtù e gravità venerabile, conveniente a sì alto soggetto di cui si tratta, alla fama di chi ne scrive, e forse allo stilo di quei tempi, alla greca filosofica elocuzione; sarebbono facilità communali, se al modo triviale da gli uomini grandi si conferissero. E voi stesso, nel principio del vostro primo Dialogo, non commendate Pittagora cbe abbia servato circa i numeri questo medesimo stile, per le medesime cagioni? perchè dunque lo biasimate in Aristotile? Non sono per tanto i seguaci di esso pusillanimi, ma vivacemente modesti; seguono quelle insegne che vittoriose trionfano gloriosamente de gli altri. E quantunque in molte materie apparisca dubbio, ciò avviene per esser elleno, per la loro altezza, dall’intelligenza nostra remote, e perchè forse in effetto per vie naturali sono problematiche, e come tali disputabili da ambe le parti. E qual altro determinatamente con dimostrazioni infallibili le risolve? trovatene pur uno voi, ed avrà in ciò séguito più di Aristotile. Non è dato a gli uomini saper distintamente i misteri reconditi della natura; ma assai è degno di lode e metodicamente procede chi determina nella maniera che esse sono da noi intelligibili o die il nostro intelletto le capisce. Che alcuni poi si siano ribellati da Aristotile e che mai siano più ritornati alle sue dottrine, come ancora dite poco di sotto nel medesimo Dialogo, ciò nulla rilieva; già che essendo questi tali nella famosissima scola peripatetica di niun grido e forse del tutto incogniti, gli ò più di capitale esser conosciuti ne gli errori che sprezzati nelle dottrine, come colui che abbruggiò il tempio di Diana: ed è di sì bassa liga questo vostro argumento, che se valesse punto (e pur gli argomenti buoni in ogni soggetto son tali), se ne farebbono di simili innumerabili, di ribellanti dalle umane e dalle divine leggi, che verrebbono le leggi istesse in esterminio, o almeno in compromesso di esser buone o rie. Ma torniamo pure alle controversie filosofiche.

2. Che la sfera stellata, vastissima di mole e per milioni di volte maggior della Terra, non debba per questo moversi, ma si bene la Terra, che è piccola, val tanto quanto sarebbe a dire che un fuoco grande non scaldi o non abbrugi per la sua immensità, ma una favilla efficacemente ciò facci; poichè non è più naturale di scaldare ed abbruggiare al fuoco, che di moversi a i corpi naturali, e più a i più perfetti, essendo (come sapete e supponete ancora) il moto effetto principale della natura; sì dche ove ella in modo più nobile si ritrova, indi questo effetto più potente da lei diviene. Ma voi misurate l’opre della natura indefessa con quelle de gli uomini deficienti e debili; vi par che sia grande affare.