Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/687

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di antonio rocco. 679


in tempo uguale con quel che si fa dalla medesima pietra cadente dall’albero che stia quieto; e così i tiri di colubrina verso l’orizonte di mille braccia o quattro mila etc., posta sopra una torre alta cento braccia, siano in tempo uguale con la caduta di una palla dalla torre al suo fondo; come che siano contra l’esperienza, ed in falsi supponiti, del vostro doppio moto retto e circolare, fondati. e di nissun rilievo alle nostre controversie, non voglio più che tanto considerargli, tanto più che si solvono dalle determinazioni precedenti: ho voluto però accennargli, e per non romper il filo, e per tirargli in conseguenza al giudizio di discreti lettori. Fa instanza Simplicio con dire, che se fusse vero quel che avete detto di tali ugualità di moti, sarebbe anco vero che una palla cascata di mano da un cavalier che corresse velocemente sul cavallo, seguirebbe ella quel corso. A cui rispondete, che in effetto lo segue, pur che non abbia impedimento dalla scabrosità della Terra, nel modo che lanciata dalla mano lo seguirebbe, già che niente importa che quel moto sia alla pietra conferito immediatamente dalla mano del proiciente, overo dal moto del cavallo, il quale è conferito al cavaliero, al suo braccio, alla palla che porta seco ed a quanto è congiunto con esso lui. E qui noto due cose: l’una è il vostro passaggio dall’una sorte di spazio all’altro, che non fa punto a proposito vostro. Ne gli accidenti maravigliosi (che pur sono imaginarii) dell’equalità de’ moti sudetti voi ponevate il retto col circolare, nella caduta per aria, così compossibili che non si impedissero, e perciò la distanza del spazio non rendessi; sensibili le lor diverse velocità; ed ora date il séguito del moto alla palla caduta già in Terra, che per conseguente niuna participuzione ha di moto retto. L’altra, che una palla lasciata solo cadere dalla mano aperta di un cavalier corrente, senza spingerla punto, riceva il moto da seguirlo poichè sia giunta in Terra, è tanto lontano dal vero e dalla sensata esperienza, quanto è l’essere dal niente. Né voglio più improverarvi questi vostri moti circolari, ed in aria ed in Terra, secondo che par vi caggiano in acconcio, senza osservar repugnanze o contradizzioni ne i vostri detti. I vostri problemi di varie velocità di moti, cagiono nate o dalla difformità di spazii, o dal modo d’imprimergli da i proicienti, o dalla diversità de gli stromenti, da voi per digressione apportati, non già soluti, non essendo punto nè importanti o repugnanti alle posizioni Aristoteliche, gli tralascio. Dite che la linea descritta dal grave cadente dalla sommità della torre sino alla sua base riuscirebbe in giro con circonferenza minore di quella che descriverebbe la sommità di detta torre, e lo designate in una vostra figura; e sarebbe vero, quando tre ipotesi fussero vere: l’una che la Terra si movesse circolarmente; l’altra, che l’aria la seguisse con pari velocità; e la terza, che essa aria fusse bastante a proporzione di sostentar corpi gravi tanto che si aggirassero: le quali essendo in controversie principalissime, a questo dovete attendere, e poi tirar le consequonze; altrimenti fate petizioni di principio