Che se alla mente insolita
E al disugual destino 50Mutai del par l’aspetto,
Ben è ragion che agli uomini
Sia d’oltraggiosa meraviglia oggetto.
Come placido lago, in cui la cima
Del sovrapposto monte 55Improvvisa ruini, al ciel con impeto
Le invase acque sublima,
Che ricadendo poi sperdonsi a’ venti;
Così l’animo mio, prima sì cheto,
A volo inconsueto 60Balzò commosso a’ tuoi divini accenti,
E tutto il ciel comprendere
Parve; se non che pronte
Corser le Furie, e tutta
Mandâr ghignando all’aure 65L’immensa mia felicità distrutta.
Stolta forse son io? Stolta? Non mente
Dunque la turba accorta,
Che l’amorosa tua promessa e il fremito
Dell’esser mio, furente 70Delirio estima, e compatendo insulta?
Pur io sentii la voce tua; rapita
Fuor dell’inconscia vita
Te mirai sì, che ancor l’anima esulta;
Pur dentro alle mie viscere 75Non la certezza è morta,
Che mai, com’or, nel vero
Non fui, che mai nell’essere
Non s’incarnò sì vivo il mio pensiero.