Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/23

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del 1352. E finalmente sazio della stanza di Provenza, si deliberò quel resto di vita che gli avanzava, farla in Lombardia, ove da tutti li signori era onorato, desiderato, e massime dalli Visconti.

E per questo, lasciata la Corte d’Avignone, si ridusse a Milano, vivendo ancora il Signor Giovanni Visconti, Arcivescovo di Milano, e tanto potente Signore in Italia, da quale fu accarezzato, e adoperato, mandandolo a Venezia al tempo del Serenissimo Andrea Dandolo, per comporre la pace tra quella Signoria, e Genovesi, che guerra crudele facevano insieme. E dopo la morte dell’Arcivescovo, che fu del 1354. d’Ottobre, continuò la stanza con li nepoti, e successori suoi, che furono Matteo, Barnabò, e Galeazzo.

Scrive il Petrarca al Boccaccio1, che stette in Milano dieci anni, de’ quali in Santo Ambrogio ne fece cinque continui. E fu di tanta grazia appresso tutti i Signori di quei luoghi, che per inimici che fossero insieme, era da tutti ben visto.

Scrive esso2 che, dovendo da Pavia partir per Venezia, e volendosi imbarcare per far il viaggio per Pò, fu molto disconsigliato a non mettersi a tal rischio, essendo a quel tempo ogni cosa piena d’arme, e le rive del Pò ad ogni passo secondo la diversità de’ Signori guardate. Tuttavia confidato nell’innocenzia, e buon’animo suo volle andare; e dice che da tutti fu accarezzato, e che gli dicevano ch’altri ch’esso non saria stato lasciato passare: di maniera che a Venezia giunse non

solo

  1. Nelle sen. lib. 1. Ep. 5. col. 5.
  2. Ivi, lib. II. alla 1. e 2. Epist.