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106 | EMILIO SALGARI |
— Signor Devandel, — disse John appena terminata la cena — che cosa ne pensate della nostra condizione? —
Il capitano accese tranquillamente la pipa si coricò alla distanza di tre metri dalla pietra, colla carabina a due canne di lord Wylmore, e poi disse:
— Mi pare che gli affari non vadano troppo bene, mio caro John. Le mummie spariscono con rapidità spaventevole, e se dovremo continuare, domani sera non avremo più nemmeno un marmocchio degli Atabask.
— È vero, signore, — rispose l’indian-agent, con voce un po’ cupa. — Gli affari vanno male. Eppure dobbiamo resistere ferocemente fino al ritorno di Sandy-Hook!
— E credi tu che quell’uomo si occupi di noi?
— Sì, signor Devandel. È stato un tempo un grande furfante, ma ora fa il possibile per diventare un uomo onesto.
— Uhm!
— Lo abbiamo già provato, capitano.
— Non dico di no; ma se si fosse annegato nella traversata dell’ultima rapida?...
— Noi non abbiamo ancora le prove della sua morte, e poi quei briganti si salvano sempre.
Io sono sicurissimo che a quest’ora galoppa disperatamente verso il campo americano.
— In camicia?
— Aveva una capanna e dei cavalli sull’altra sponda della riviere del Lupo!
— E vero. E lord Wylmore?
— Che il diavolo si porti quel pazzo! Se si è annegato, credo che nessuno lo piangerà nè in America, nè in Inghilterra.
— Sono della tua opinione — rispose sorridendo il signor Devandel. — È un vero maniaco più che un originale.... To’! Questi indiani cominciano a diventare noiosi. Quante mummie abbiamo ancora?
— Ottantasette, signore, ― disse Harry. ― Le ho contate in questo omento.
— Pochine.
— Bruciano come fiammiferi! Hanno messo nei loro ventri troppa resina e troppa canapa.
— Ba’, aspettiamo! Chi sa che quell’allegro brigante non giunga in tempo per salvare le nostre capigliature.
— Corpo di un bove sventrato e salato! — esclamò Giorgio il quale