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Pagina:Le sfere omocentriche.djvu/22

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10 Schiaparelli, N.° IX.

facilmente giungere a questa estimazione collo studio attento delle fasi della Luna nella diverse sue elongazioni dal Sole. Eudosso adunque si astenne totalmente dal ricercare quello, che non importava al suo principale problema, alla rappresentazione geometrica dei fenomeni; nel che vediamo un’altra prova del suo genio sobrio e rigoroso. Egli non si curò tampoco di connettere le sfere motrici con quelle del pianeta immediatamente superiore e del pianeta immediatamente inferiore, e suppose che le sfere addette al movimento di ciascun pianeta formassero un sistema isolato ed indipendente dal resto. Insomma ogni cosa porta a credere, che le sfere fossero per lui gli elementi di un’ipotesi matematica, non già enti fisici; onde a torto gli fu rimproverato d’aver chiuso l’universo in vôlte di cristallo, e di averle moltiplicate senza necessità.

Eudosso aveva descritto le sue ipotesi in un’opera sulle velocità, περὶ ταχῶν, che con tutte le altre sue cose è andata perduta1. Aristotele, il quale fu posteriore ad Eudosso soltanto d’una generazione, e trattò di questo argomento con Polemarco, che fu conoscente d’Eudosso, potè avere informazioni sicure sul meccanismo delle sfere; onde il breve ma esatto (sebbene non completo) riassunto che ne dà nel libro XII della Metafisica merita molta attenzione. Che Teofrasto ne abbia parlato nella sua perduta Storia dell’Astronomia, è probabile; si narra anzi che egli desse il nome di ἄναστρος; (senza stelle) alle sfere destinate a muovere i pianeti2. Certo è poi, che Eudemo trattò a lungo del sistema d’Eudosso nel secondo libro della sua storia astronomica; e da Eudemo trasse Sosigene (il noto riformatore del calendario) la narrazione da lui data con molta prolissità nel commentario che fece sui libri de Cœlo. Tal commentario è perduto; ma un lunghissimo estratto del medesimo ci fu conservato da Simplicio nel suo proprio commentario al libro II de Cœlo; ed è questa la nostra fonte principale, la quale per conseguenza è pur essa molto degna di fede, risalendo ad Eudemo, che fu contemporaneo d’Aristotele, e di poco posteriore ad Eudosso3. Colla scorta di queste autorità io mi farò ora ad esporre partitamente la teoria che Eudosso aveva immaginato per ciascuno dei sette astri erranti, e comincerò dal più basso di tutti, che è la Luna.

III. Teoria lunare di Eudosso.

La teoria, che immaginò Eudosso per spiegare le rivoluzioni della Luna, è molto semplice. Aristotele e Simplicio (§ 3) s’accordano nel riferire, che i suoi movimenti erano prodotti in questa teoria da tre sfere ruotanti di moto uniforme; la prima delle quali e più esterna si muoveva secondo le fisse; la seconda intorno all’asse dello zodiaco; la terza secondo un circolo collocato obliquamente nella larghezza della zona zodiacale. Di queste, la prima, volgendosi da oriente in occidente, produceva la rivoluzione diurna; la seconda, volta


  1. Vedi App. II, § 2. Sarà questa una delle bellissime Memorie (χάλλιστα ύπομνήματα) che Diogene Laerzio narra Eudosso aver scritto.
  2. Vedi App. II.
  3. Essendo Aristotele e Simplicio le uniche fonti da cui si possono trarre notizie sull’argomento che ci occupa, ho creduto opportuno trascrivere i relativi estratti nelle App. I e II, in fine di questa Memoria. L’App. I comprende il passo di Aristotele, e la App. II il passo di Simplicio, che in gran parte è cavato da Sosigene. Essendo oggi facile aver per le mani gli originali greci, ho stampato la sola versione italiana, per uso di quei lettori cui non fosse comodo aver ricorso a quelli. Il lungo estratto di Simplicio, il quale nell’originale non porta alcuna divisione, è stato da me diviso in paragrafi numerati, per comodo delle citazioni. Tutte le citazioni di Simplicio che si trovano nella presente Memoria, si riferiscono a questi paragrafi dell’App. II. Le citazioni di Aristotele, quando non si noti il contrario, si riferiscono all’App. I.