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48 schiaparelli, N.° IX.

dovuto esser uguale alla massima anomalia della Luna, che è in media di 6°, l’ippopeda lunare avrebbe avuto 12° di lunghezza, e la massima sua digressione dal circolo lunare non eccedendo 9′, ne veniva una perturbazione affatto insensibile nel moto di latitudine. Anche per la Luna dunque potevano con queste supposizioni rappresentarsi i fenomeni altrettanto bene che con qualunque altra teoria immaginata prima della scoperta dell’evezione.

Ecco quanto è possibile dire, senza correr pericolo di perdersi in vane congetture, intorno alle correzioni che Callippo aveva apportato alle ipotesi d’Eudosso. Egli aveva paragonato la teoria allora ricevuta col risultato delle osservazioni; aveva trovato delle differenze; conseguentemente si era ingegnato di togliere queste differenze, correggendo le ipotesi anteriori. Procedimento di natura intieramente scientifica, che sarà degnamente apprezzato da chi nel giudicare del merito di quegli antichi investigatori saprà distinguere il metodo, che imprime alle ricerche il loro vero carattere, dai mezzi e dagli strumenti, che sono circostanze puramente accidentali. Eudosso e Callippo non ebbero strumenti esatti, non ebbero il soccorso della trigonometria; ajutandosi però con costruzioni grafiche, e forse anche con quel ramo della meccanica cui i Greci davano il nome speciale di sferopea (σφαιροποιία), e che sembra fosse allora assai più necessario e più importante che non adesso1, essi riuscirono ad acquistare un’idea esatta del movimento risultante dalla combinazione di tante sfere, e seppero adattarne la disposizione ai fenomeni. È certo, che questi mezzi, proporzionati alle esigenze del tempo, allora bastavano a tutti i problemi dell’astronomia teorica e pratica, e che esisteva allora veramente un’Astronomia senza Trigonometria; che che abbia in proposito creduto un celebre istorico della nostra scienza, il quale in essa sembra non abbia mai voluto veder altro, che l’occasione di sviluppare una immensa massa di formole trigonometriche, ed ha preso questo bel criterio per base dei suoi giudizj sopra tutti gli astronomi antichi e moderni.

VIII. Ulteriori modificazioni fatte al sistema d’Eudosso.

I sistemi di Eudosso e di Callippo erano, come già si è fatto notare, semplici costruzioni geometriche ideate per soddisfare alla domanda proposta da Platone, «con quali supposizioni di movimenti regolari ed ordinati si potessero rappresentare le apparenze osservate nel corso dei pianeti». Come si producessero i movimenti di queste sfere, gli autori del sistema non avrebbero saputo dirlo, probabilmente perchè, come astronomi ed osservatori, essi riguardavano il problema delle cause come fuori di loro competenza, e come appartenente piuttosto alla fisica. Ch’essi dunque siano stati gli autori delle sfere solide di cristallo, che furono e sono tuttavia occasione di tanti dispregiativi epifonemi, è una pura supposizione, la quale non ha in sè il minimo fondamento istorico. Eudosso e Callippo non si occuparono neppure del problema di connettere fra di loro i movimenti delle diverse sfere; per essi le sfere di un pianeta formavano un sistema affatto indipendente dalle sfere di un altro, per la semplice ragione, che a spiegare il movimento di ciascun pianeta occorrevano ipotesi adatte specialmente a quello, e indipendenti dalle ipotesi relative agli altri pianeti.

Il problema di connettere in un tutto unico e sistematico l’intiera serie dei movimenti, rendendo le sfere inferiori dipendenti dalle superiori, si presentò invece ad Aristotele, il quale vedeva in una tal connessione meccanica il modo di far valere l’idea fondamentale della sua dinamica cosmica, secondo la quale la forza motrice dell’Universo dovea esser collocata alla


  1. Secondo gli antichi, sferopea (arte di costruire le sfere) chiamavasi quella parte della meccanica che ha per oggetto l’imitazione materiale dei movimenti celesti. V. Proclo, Comm. Eucl., pag. 41, ed. Friedlein.