Pagina:Leibniz - La Monadologia, 1856.djvu/15

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12. Ma è d’uopo che oltre il principio del mutamento vi sia un particolare di ciò che muta, che costituisca, per così dire, la specificazione e la varietà delle sostanze semplici.

13. Questo particolare deve involgere una moltitudine nell’unità o nel semplice, poichè, ogni cambiamento naturale facendosi per gradi, alcuna cosa cambia e alcuna resta: e per conseguenza nella sostanza semplice àvvi una pluralità d’affezioni e di relazioni quantunque non vi sieno parti. 1

14. Lo stato transitorio che involge e rappresenta una moltitudine nell’unità o nella sostanza semplice non è altro che ciò che si appella la percezione, la quale deesi distinguere dalla appercezione o dalla coscienza, come apparirà in seguito: 2 ed in questo

    Mentre però sosteniamo contro Leibniz che le monadi possono ricevere dall’esterno i loro cambiamenti, concediamo volentieri che possono talora determinarsi e cangiare anche per virtù interna, e gli esseri viventi, e l’anima umana in particolare, ne offrono manifestissimi esempi.

  1. Deesi fare attenzione con qual giustezza Leibniz dichiari che ogni monade deve contenere il medesimo ed il vario, alcuna cosa che cangi ed altra che rimanga immutabile: il che si contempla con tutta chiarezza in seno dell’anima umana, ove una sola sostanza è dotata di numerose facoltà, ed ove la sostanza rimane sempre identica e le facoltà si variano incessantemente, determinandonsi in affezioni ed atti differenti. E si attende ancora che profondo inesplorabile mistero sia questo, per cui una sostanza semplice, qual’è la monade, contenga insieme l’uno ed il vario, il mutabile e l’immutabile.
  2. Si noti il significato non ordinario che Leibniz dà alla voce percezione, colla quale significa ogni mutamento, che accade nella monade.