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12 parte prima — il sistema leibniziano

implica contradizione. La possibilità di una cosa, poi, la conosciamo a priori o a posteriori. A priori, quando risolviamo una nozione nei suoi elementi, cioè in altre nozioni di riconosciuta possibilità e sappiamo che in esse nulla vi è di contradittorio...; a posteriori quando sperimentiamo attualmente resistenza della cosa: infatti ciò che esiste o è esistito attualmente, è senz'altro possibile1. E ogni qualvolta si ha una conoscenza adeguata, si ha la conoscenza della possibilità a priori; condotta poi l'analisi a termine, se non si manifesta alcuna contradizione, la nozione è certamente possibile.

(Meditationes de Cogitinone, Veritate et Ideis, 1684, G. IV, 425).


Alle verità di ragione e di fatto corrispondono anche i due modi di conoscenza razionale e sensibile. Ma quelle verità appartengono anzitutto - all'ordine oggettivo del reale. In questo senso si deve intendere l'opposizione di Leibniz alle idee chiare e distinte poste da Cartesio come criterio delle veritá di ragione. Tale criterio non consiste per lui in una qualsiasi evidenza conoscitiva, ma nella possibilità e non contradizione.

Egli [Cartesio] aveva posto come criterio della verità la nostra percezione chiara e distinta. Cioè, la verità del fatto che il circolo sia la figura di massima area con dato perimetro non sarebbe secondo lui altrimenti riconoscibile se non attraverso la chiara e distinta percezione che noi abbiamo di tale sua proprietà. E se Dio avesse conformato la nostra natura in modo che noi avessimo chiara e distinta percezione del contrario, il contrario sarebbe vero. Questa è la sua opinione, che io non approvo punto. E non è assolutamente vero quel suo principio metafisico universale, che di tutte le cose che pensiamo o di cui ragioniamo sia necessariamente in noi l'idea, p. es. del po-

  1. Ciò significa che l'esistente deve rientrare nelle leggi della possibilità, ma che queste leggi possono anche andare molto al di fuori dal campo dell'attualmente esistente.