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PRELUDIO MISTICO 5


«Lei aveva preso un po’ di sonno» diss’ella. «Ho creduto che si sentisse male e Le ho spruzzato addosso dell’acqua. Scusi tanto!»

«Che oca!» fece il signor Marcello. «Prima non capivo, ma poi me lo sono immaginato che doveva essere successo così. Siete una grande oca, però!»

«Eh, sissignore.»

Teresina era contenta. Non le pareva vero che il padrone continuasse a credere di aver dormito. Si ritirò in fretta, ma il signor Marcello la fermò con un gesto.

«Chi vi ha ordinato di andar via? Ditemi se il treno di Schio è arrivato.»

«Non so no» rispose Teresina e si scusò tosto del suo modo trentino che irritava sempre il signor Marcello. Girò adagio davanti al padrone e prese lo smoccolatoio per un lucignolo della lucerna fiorentina che fumava.

«Lasciate stare!» esclamò il padrone, incollerito. «Volete che non sappia smoccolare meglio di voi?»

La cameriera si scusò daccapo, umilmente, e, camminando in punta di piedi per non irritare il padrone anche col suo passo, uscì. Aveva appena incominciato a informare Lelia di questo colloquio, quando due nuovi tocchi di campanello la richiamarono.

«Cosa vuole, adesso?» pensò Teresina, turbata, ritornando in fretta verso lo studio.

Vide subito che il signor Marcello aveva un’altra faccia, una faccia mansueta.

«Scusate» diss’egli quasi sottovoce. «Forse sono io, la bestia. Come avevo gli occhi quando dormivo?»

«Chiusi.»

«Non li ho aperti mai? Non ne avete veduto il bianco?»

Teresina si sentì gelare. Negò, ma dopo un istante di