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Pagina:Leonardo prosatore.djvu/45

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mette il lusso dei fac-simili... ma Leonardo non è mai stato troppo benvoluto dalla fortuna!

Quella réverie soave che manca alla sua prosa e non mancava alla sua anima oceanica, è non solo nel riso misterioso della Gioconda o del San Giovanni, ma in quegli schizzi di visi di fanciulle smarriti in una penombra di sogno, d’una dolcezza malinconica ineffabile, in quegli schizzi di Vergini chinantisi con infinita adorazione, e di teste di donne velate, assorte in un lor grave pensiero. I quadretti graziosi che invano si cercano allo scrittore, sono lì, in quei profili di bimbi grassocci, in quei monellucci nudi che scherzano col micio, in quei gatti che dormono in mille pose voluttuose.

Lo schematismo di certe descrizioni, che gli venne rimproverato come patente contraddizione al suo stesso precetto: «studia sempre la natura», schematismo specialmente notato nella descrizione degli atteggiamenti convenienti alle varie età dell’uomo (secondo me erano consigli, dirò pratici, ch’Egli dava agli artisti ignoranti che, abituati a inveterate consuetudini artistiche, ripetevano movenze sgraziate o contro ogni naturalezza, e a cui occorreva una guida per scoprire la verità1), spariva negli

  1. Per esempio, Leonardo annota: «Come le donne si deono figurare con atti vergogniosi, gambe insieme strette». Chi non ricorda come la pittura e anche la scultura del Quattrocento, seguendo un’antica tradizione, spesso ponga le donne a sedere con le ginocchia molto discoste? Il rimprovero, prima che dal Croce, era stato mosso a Leonardo dal Séailles che, riconosciuta la debolezza teorica del