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dialogo di un fisico e di un metafisico 65


lunga, restano spessissimi e grandi intervalli, vóti di ogni azione e affezione viva. E poiché non il semplice essere, ma il solo essere felice, è desiderabile; e la buona o cattiva sorte di chicchessia non si misura dal numero dei giorni; io conchiudo che la vita di quelle nazioni, che quanto piú breve, tanto sarebbe men povera di piacere, o di quello che è chiamato con questo nome, si vorrebbe anteporre alla vita nostra, ed anche a quella dei primi re dell’Assiria, dell’Egitto, della Cina, dell’India, e d’altri paesi; che vissero, per tornare alle favole, migliaia d’anni. Perciò, non solo io non mi curo dell’immortalitá, e sono contento di lasciarla a’ pesci; ai quali la dona il Leeuwenhoek, purché non sieno mangiati dagli uomini o dalle balene; ma, in cambio di ritardare o interrompere la vegetazione del nostro corpo per allungare la vita, come propone il Maupertuis25, io vorrei che la potessimo accelerare in modo, che la vita nostra si riducesse alla misura di quella di alcuni insetti, chiamati efimeri, dei quali si dice che i piú vecchi non passano l’etá di un giorno, e contuttociò muoiono bisavoli e trisavoli. Nel qual caso, io stimo che non ci rimarrebbe luogo alla noia. Che pensi di questo ragionamento?

Fisico. Penso che non mi persuade: e che se tu ami la metafisica, io m’attengo alla fisica: voglio dire che se tu guardi pel sottile, io guardo alla grossa, e me ne contento. Però senza metter mano al microscopio, giudico che la vita sia piú bella della morte, e do il pomo a quella, guardandole tutte due vestite.

Metafisico. Cosí giudico anch’io. Ma quando mi torna a mente il costume di quei barbari, che per ciascun giorno infelice della loro vita, gittavano in un turcasso una pietruzza nera, e per ogni di felice, una bianca26; penso quanto poco numero delle bianche è verisimile che fosse trovato in quelle faretre alla morte di ciascheduno, e quanto gran moltitudine delle nere. E desidero vedermi davanti tutte le pietruzze dei giorni che mi rimangono; e, sceverandole, aver facoltá di gittar via tutte le nere, e detrarle dalla mia vita; riserbandomi