Pagina:Leopardi - Canti, Piatti, Firenze 1831.djvu/126

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120 canto vii.


E le ville e i teatri, e giochi e feste
Tengon la notte e ’l giorno; a lui non parte
Mai da le labbra il riso; ahi, ma nel petto,
70Ne l’imo petto, grave, salda, immota
Come colonna adamantina, siede
Noia immortale, incontro a cui non puote
Vigor di giovanezza, e non la crolla
Dolce parola di rosato labbro,
75E non lo sguardo tenero, tremante,
Di due nere pupille, il caro sguardo,
La più degna del ciel cosa mortale.
     Altri, quasi a fuggir volto la trista
Umana sorte, in cangiar terre e climi
80La età spendendo, e mari e poggi errando,
Tutto l’orbe trascorre, ogni confine
De gli spazi che a l’uom ne gl’infiniti
Campi del Tutto la natura aperse,
Peregrinando aggiunge. Ahi ahi, s’asside
85Su l’alte prue la negra cura, e sotto
Ogni clima, ogni ciel, si chiama indarno
Felicità, vive tristezza e regna.
     Havvi chi le crudeli opre di marte
Si elegge a passar l’ore, e nel fraterno
90Sangue la man tinge per ozio; ed havvi
Chi d’altrui danni si conforta, e pensa