1392. |
A Pietro Brighenti. |
|
Mio carissimo. E gran tempo che non ci scriviamo: ed io non
posso scrivere senza gran difficoltà e pena: tale è lo stato della
mia povera salute. Ma io t’amo sempre, come raro e prezioso
amico, e sono impazientissimo di ricevere le nuove tue, della
tua famiglia, degli affari tuoi. Sono arrivato qua da pochi giorni,
e qui starò non so quanto, forse sempre. Da Vieusseux avrai
ricevuto un pacco di libri colla direzione mia. Ti prego di spe-
dirli a mio conto in Ancona, a quel libraio che giudicherai più
a proposito, al quale addosserai tutte le spese, acciocché egli
se ne rifaccia sopra di me. Salutami carissimamente e senza fine
la tua amabilissima famiglia. Ebbi da Vieusseux i libri che tu
mi favoristi ultimamente in dono, e te ne ringrazio con tutta
l’anima. Di te e delle cose tue scrivimi più lungamente che potrai,
te ne prego. Amami come io t’amo. Addio addio, carissimo.
il tuo Leopardi
Amico cariss.
La vostra dei 17 mi fu gratissima come ogni altra, e più ancora
delle altre, perchè desiderata molto, dopo il lungo silenzio suc-
ceduto alla partenza vostra da Firenze. Fio caro assai che abbiate
posta l’ultima mano alla vostra Monaca,1 e che andiate pen-
sando alla Strozzi. A proposito della Strozzi e della Monaca,
vi ricordate voi di avermi promesso una copia intera e perfetta
del vostro romanzo? Io non vi assolvo certamente dalla promessa,
e sto aspettando l’effetto.
Il ne (o piuttosto il n’è) interrogativo, non mi ricordo di averlo