Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/341

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1392. A Pietro Brighenti.
Recanati 28 Nov. 1828.

Mio carissimo. E gran tempo che non ci scriviamo: ed io non posso scrivere senza gran difficoltà e pena: tale è lo stato della mia povera salute. Ma io t’amo sempre, come raro e prezioso amico, e sono impazientissimo di ricevere le nuove tue, della tua famiglia, degli affari tuoi. Sono arrivato qua da pochi giorni, e qui starò non so quanto, forse sempre. Da Vieusseux avrai ricevuto un pacco di libri colla direzione mia. Ti prego di spe- dirli a mio conto in Ancona, a quel libraio che giudicherai più a proposito, al quale addosserai tutte le spese, acciocché egli se ne rifaccia sopra di me. Salutami carissimamente e senza fine la tua amabilissima famiglia. Ebbi da Vieusseux i libri che tu mi favoristi ultimamente in dono, e te ne ringrazio con tutta l’anima. Di te e delle cose tue scrivimi più lungamente che potrai, te ne prego. Amami come io t’amo. Addio addio, carissimo. il tuo Leopardi

1393. A Giovanni Rosini.
Recanati 28 Nov. 1828.

Amico cariss. La vostra dei 17 mi fu gratissima come ogni altra, e più ancora delle altre, perchè desiderata molto, dopo il lungo silenzio suc- ceduto alla partenza vostra da Firenze. Fio caro assai che abbiate posta l’ultima mano alla vostra Monaca,1 e che andiate pen- sando alla Strozzi. A proposito della Strozzi e della Monaca, vi ricordate voi di avermi promesso una copia intera e perfetta del vostro romanzo? Io non vi assolvo certamente dalla promessa, e sto aspettando l’effetto. Il ne (o piuttosto il n’è) interrogativo, non mi ricordo di averlo