Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/101

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68 EPISTOLA Itin gandola che perdoni al mio ma. l’incomodo mal di lui grado recatole, e offerendomi per quanto vaglio a Lei e al suo celebrato Giornale, mi dico suo devotissimo obbligatissimo servo.


39. Di A. F. Stella.1

Miliuio 2 Aprile 1817.

Mio veneratiss.0 Rie. Conte. Ho ricevuto il pregiato foglio, che mi ha fatto l’onoro di scrivermi in data del 21 spirato marzo.2 Con questo corso (li posta ho di boi nuovo scritto ai SS.rl Marsonner e Grandi di Rimini per farmi render conto della nota Spedizione N° 8, qualp voglio sperare non sarà smarrita, ma soltanto sviata. Condoni Ella frattanto questo mostruoso ritardo, però affatto innocente per parte mia. Accolgo, o col massimo piacere, la graziosa proposizione che mi fa del Ma. della traduzione dell’Alicamaaao, e pregola spedirmela unitamente al testo scritto in lettere ordinarie cogli acconti, che, previo esame, le saprò poi dire se meglio convenga aggiungerlo o no alla versione. Circa all’altro Ms. caduto nelle mani del Sig. Acerbi 3 mandai tosto per ricuperarlo, ma essendo assente il dotto S.r Acerbi non potrò riaverlo che al di lui ritorno, che sarà nell’entrante settimana. Faccio allestirò quanto si è degnato ordinarmi, e procurerò pronta e sicura occasiono per fargliene la spedizione. Frattanto pregandola de’ miei ossequi al veneratiss.0 S.r Conte di Lei Padre, passo a rassegnarmelo con devota stima dev.° obb.° eerv.» A. F. S. Cordialissimi saluti al suo signor padre e a tutta l’egregia famiglia.


40. Di Pietko Giordani.

Milano il di di Pasqua 1 [1817].

Signor Contino amatissimo. Se io volessi dirle tutto quello elio mi pone in cuore la sua dei 21 marzo,5 io non finirei, dio sa quando. E anche volendo frenarmi e temperarmi, ell’avrà pur bisogno di perdonare al molto affetto mio una poco discreta prolissità. Primieramente le dirò che il Monti la ringrazia de’ suoi cari saluti. lo poi non mi sazio di una dolcezza che gusto parlando frequentis.-imamente di lei col Monti, che non è men buono che grande, e con quel vero Angelo del Mai, sommamente valoroso o amabile. Pensando io spessissimo con vero stupore e molta tenerezza ni sapore di VS. (del quale e il Monti e il Mai, che non deono maravigliarsi per poco, sogliono al pari di me stupirsi), sono entrato in un timore, nel quale pur troppo lo Stella mi ha poi confermato. Ho dunque temuto che VS. abbia dalla natura una complessione delicata, senza che non potrebbe avere cosi fino ingegno: ed ho te1 Pubblicata primamente nel volume citalo lettere inedite ecc., Lapi, 1888. 2 È al n. 37. 3 L’Inno a Nettuno. ■* 6 aprilo. 5 È al n. 36.