Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/102

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ANNO 1817 - LETTERE 38-40 (¡9 muto ohe a questa delicatezza abbia VS. poco rispetto con un soverchio di fatiche. Per quanto eli’ ha di caro al mondo, contino mio, e per questi medesimi studi ne’ quali è innamorato, si lasci pregare e supplicare da un suo affezionatissimo: per carità di sé e di tutti quelli che già l’ammirano, o tanto aspettano da lei, riconosca e senta e osservi la necessità di moderarsi nello studio. Chi vuol esser liberale, non dee gittare il patrimonio, e distruggere i mezzi della liberalità. Poich’ella si nobilmente si è dedicato agli studi, pensi a poter sempre studiare. Ma s’ella si rovina, come potrà poi continuare? e quando non potrà più studiare, come potrà sopportare la vita? Il soverchio studio rintuzza l’ingegno, e lo fiacca; distrugge la sanità. S ella in questa giovinezza studia più di sei ore al giorno, mi creda che fa male, e mule grande.i Ella verrà prosto in cattivo stato. La supplico dunque ad interrompere gli studi con quegli esercizi che dando vigore al corpo svegliano la mente: passeggiare, cavalcare, schermire, nuotare, ballare, giocare al pallone, a palla e maglio.2 L’incessante studio rovina lo stomaco, rovina la testa, cresco la malinconia, scema le forze della mento. Non cesserò mai di pregarla che in questa tenera giovinezza studi in maniera che non si tolga di poter proseguire. Perdoni all’amore, che già grande io le porto o le dicliiaro, se con tanto libera fiducia la prego di cosa che a lei, e aU’onor degli studi tanto importa. E in questo son corto ch’ella vede come io 110 ragione evidente. Dell’amor della gloria non le voglio parlare ora: clió richiederebbe discorso lungo; al quale aspetto una confidenza tra noi più adulta e confermala. Ma dell’amore alla patria sin da ora posso dirle l’animo mio. Grandemente mi consola quella sua nobile parola 111 aversi riconosciuta per patria l’Italia. Oh se di molti suoi pan fosse questo santo pensiero, già sarebbe l’Italia — donna di provincie, e non bordello — nè sarebbe ostello di doloro — e sarebbe nave ben corredata che non temerebbe tempeste. — Ma parmi che al savio convenga amare il suo luogo nativo; e parmi ch’ell’abbia cagnoni di amare il suo Reeanati.3 L’Alfieri, da lei giustamente ammirato, veda che si pregiava di Asti: né il Piemonte vale più del Piceno; né Recanati meno di Asti, lo ho fatto per tutta l’Italia sperimento di grandi città e di piccole: e mi pare che l’uomo studioso possa vivero forse meglio nelle piccole che nello grandi. La sua terra natale è posta in sito salubre ed ameno: eli’ ha in casa tali comodi per gli studi, che più non potrebbe avere altrove. Ma in Rocanati, appunto perché non grande, ha una felicità della quale in Milano o in Venezia o in Roma o in Napoli sarebbe privo. Ella cosll ba pochissimi eguali e niun superiore di nobiltà e di ricchezza: cosi in Reoanati ha un’autoritiY, una facoltà di far del bene grandissima. I signori in gran parte sono scostumati; o in maggior parte ignoranti e superbi. S’imagini dunque che nelle grandi città quasi tutti i suoi pari disprezzino ciò ch’ella ama: s’imagini che vita farebbe VS. con loro. Ma costi collVsempio, coll’autorità che le ricchezze e la nascita 1 ¡Sono le medesime esortazioni ripetutamente fattegli dallo zio Carlo Antiei, e ancho dal padre; ma senza frutto. 2 Eccetto il passeggiare, che G. praticava spesso, il resto non gli era purtroppo j)or più ragioni possibile né confacente. 8 Notisi come il Giordani cerchi di conciliare l’amore della patria italiana ron quello della città nativa. Le ragioni soguonti, pili volte ripetuto anche da Monaldo al figlio, furono, dopo’ che G. fu uscito dal natio borgo, riconosciute per giuste e fatte sue anche da lui; come può vodorsi specialmente nello lettere ni fratello Carlo da Roma e da altre grandi città.