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Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/108

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ANNO 1817 - LETTERA 41 75 di Feo Beicari, testo di lingua e di stilo Simile a quelle perfettissime Vite. Questa operetta è la Vita del Beato Colombino e de’ primi Gesuati: libretto che o por amore dell’ottimo scrivere, o per amore della devozione dev’essere gradito da molti, se non fosse cosi difficile a trovarsi. Il P. Cesari non imprende la stampa se non è sicuro di un sufficiente numero di associati. E io mi vo travagliando di fargliene da ogni Sarte: e perciò anello alla gentilezza di VS. mi raccomando, che per la farcii voglia procurarne. Gli amatori dell’ottima lingua saranno pochi: lo so; siamo pusiUm grex: ma non pochi saranno i devoti; e quest i deono più volentieri leggere ini libro bene scritto, clic certi libri scritti malamente. Però confido che il mio signor Contino mi rimanderà (a suo agio) con parecclii nomi l’acchiusa cartina: so pur non gli piacessidi mandarla dirittamente a Verona al Padre Antonio Cesari dell’ora torio; o già suo amico; o valendosi di questa occasione per entrargli in amicizia: certamente quell’uomo è degno di riverenza e di amore da chiunque tien cari i buoni studi. Egli da molti anni sostiene l’onore della lingua: e in quel veneto tanto contaminato ha pur fatto di molte conversioni. Ha veduto VS. il suo Terenzio tradotto in prosa fiorentina ì a me pare tutto quel ohe si può far di bello in quel genere.! Già ho passato i confini della discrezione scrivendo: la somma cortesia del mio caro signor Contino si degni di perdonarmi. La prego di rappresentare la mia divota serviti! al suo signor Padre, e di gradire l’affetto mio riverente e cordiale. Ed augurandole ogni più cara conso lazione, desidero ohe si ricordi che sono e sarò sempre suo affezionatissimo servitore. P. S. — Ad una libreria come quella de’ Conti Leopardi non dee mancare un’opera insigne, e nel suo genere classica, qual’è la Storia della scultura scritta dal celebre conte C’icognara, e stampata recentemente in Venezia. Probabilmente VS. la conosce e la possiede già: se non l’avesse o non le fosse nota, ne gradirà o il ricordo o l’avviso. 1 II Giordani, già fin dal’16 amico al (’«sari c collega in letteratura, col quale spesso si scriveva e consultava circa i testi di lingua da pubblicare, doveva poi mutar queste lodi in biasimi altrettanto acerbi quanto ingiusti. Di fatti, avendo il 12 gennaio ’23 saputo dal Brighenti che il padre A. Galassi di Cesena aveva chieste e ottenute dal Cosari, per pubblicarlo, le lettore scritte a esso Cesari dal Giordani, s’era affrettato ad ammonire il buon prete che non gli facesse questa da lui ritenuta mala azione; o il Cesari subito gli aveva risposto rassicurandolo che lo aveva contentato. Ciò non ostante, il Giordani si lasciò vincere anche stavolta dal sospetto, insinuatogli dalla losca figura del Brighenti, che il Cesari fosse stato propenso a far pubblicare le lettere por avarizia: cosa falsissima e ingiustissima, poiché il Cesari quolle lettere le aveva donate, non vendute, e donate con la condizione espressa cho non fossero pubblicate se il Giordani non ne avesse dato prima l’assenso. Ad onta di tutto ciò, il piacentino continuò a lamentarsi aspramente di questo inesistente mercimonio, anche in séguito, con altri: il che tuttavia non gl’impedì di asserire che egli «assai ei pregiava di aver avuto per amico sincero un tanto uomo», e di dettare pel detestato abate nel 1830 ima bell» iscrizione laudativa; salvo a tornare molto più tardi, nel 1845, in uno di quegli accessi di morboso e irragionevole furore, alle intemperanze verbali contro n l’impostura, l’incredibile avarizia, e la bricconeria» dell’innocentissimo abate. Ma quante di queste strane contraddizioni non s’incontrano nella vita del povero Giordani, tormentato dalla sua stessa natura ’!