Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/117

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84 EPISTOLARIO 15 anni, e stava dietro a studi grossi, Grammatiche, Dizionari greci ebraici e cose simili tediane, ma necessarie. Non vi badai proprio niente. Ma nel cominciare dell’anno passato, visto il suo nome appiè del manifesto della Biblioteca Italiana, mi ricordai di quelle parole, e avuti i volumetti della Biblioteca, seppi quali fossero gli articoli suoi prima per conghiettura, e poi con certezza quanto a uno 0 due, e questo mi bastò per ravvisarli poi tutti. Ora che vuole che le dica io? Se le dirò che essi diedero stabilità e forza alla mia conversione che era appunto sul cominciare; che gustato quel cibo, le altre cose moderne che prima mi pareano squisite, mi parvero schifissime; che attendea la Biblioteca con infinito desiderio, e ricevutala la leggea con avidità da affamato; che avrò letti e riletti 1 suoi articoli una diecina di volte; che ora che non ci son più mi vien voglia di gittar via i quaderni di quel Giornale, ogni volta che ricevendoli non vi trovo niente che faccia per me: la sua modestia «’irriterà. Le confesserò candidamente che non so se non i titoli, e di due sole, delle sue opere, voglio dire della versione di Giovenale 1 e del Panegirico; e colla stessa schiettezza le dirò che io pensava di procacciarmi qualche sua cosa, quando ricevetti da Lei veramente graditissime le sue prose2 tutte d’oro, sulle quali ho certe cose da dirle, ma perché poco Taglione certamente, e la lettera è già lunga assai e m’ha cera di voler esser lunghissima, le serberò a un’altra volta. Vedo con esultazione che Ella nella soavissima sua ilei 15 Aprile discende a parlarmi degli studi. Risponderò a quanto Ella mi scrive, dicendole sinceramente quando le sue opinioni si siano scontrate nella mia mente con opinioni diverse, acciocché Ella veda quanto io abbia bisogno ch’Ella mi faccia veramente da maestro; e compatendo alla debolezza e piccolezza de’ pensieri miei, si voglia impacciare di provvederci. Che la proprietà de’ concetti e delle espressioni sia appunto quella cosa che discerne lo scrittor Classico dal dozzinale, e tanto più sia difficile a conservare nell’espressioni, quanto la lingua è più ricca, è verità tanto evidente che fu la prima di cui io m’accorsi quando cominciai a riflettere seriamente sulla I letteratura: e dopo questo facilmente vidi che il mezzo più spedito e sicuro di ottenere questa proprietà era il trasportare d’una in altra lingua i buoni scrittori. Ma che quando l’intelletto è giunto a certa sodezza e maturità e a poter conoscere con qualche sicurezza a qual parte la natura lo chiami, si debba di necessità comporre prima in prosa che in verso, questo le dirò schiettamente che a me non pa1 La versione di Giovenale è d’iin G. Giordani, gesuita pavese, stampata a Milano l’anno 1804, in due volumi, e in ottava rima! (P. V.). 2 Cfr. lett. 34, p. 60 e noto 2.