Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/126

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anno 1817 - lettera 51 93


come rarissimo, se non unico signore; e di poterla in qualche cosuccia, secondo il mio niente, servire.

Né di Benedetto Mosca, né di niun altro sono mai stato, né mai vorrò essere maestro: parola, che mi fa nausea ed ira. Ma ben conobbi quel bravo giovane, e l’ho amato molto, e l’amerò sempre con desiderio: perché mi pare che avrebbe fatto del bene; e sommamente mi è doluta una tanto impensata ed immatura perdita. Era un buono e valente signore; del quale mi pareva che si dovesse sperare assai: ed è andato cosi giovane!

Il traduttore di Giovenale non mi appartiene punto; nol vidi, né ’l conobbi mai; e parmi che tanto di gusto negli studi come in tutto il resto mi fosse dissomigliante. Era un vecchio gesuita pavese; che morì qualche anno fa.1 Del mio Panegirico mi dica s’ella ne ha curiosità, e come glielo potrei spedire.

Le sarò gratissimo se, per quanto si può, aiuterà il Cesari nella ristampa del Belcari. Ho riso alla saporita descrizione che mi fa della letteratura Picena. Ma il Belcari non è dantesco nel senso che dispiacerebbe costí! È uno scrittor purissimo, e di umilissima semplicità; come le Vite de’ santi Padri, ch’ell’avrà, o della edizione del Manni, o di quella del Cesari; e ch’io la prego di leggere, come la prosa che a me è paruta la più bella e soave d’Italia.2 L’opera del Cicognara mi pare degnissima e necessaria ad una libreria come la sua. Io non dirò ch’ella debba leggerla ora; ma certo una tale raccolta de’ monumenti perfettissimi d’arte è una gran cosa; e il non poter nulla giudicare o gustare nelle belle Arti sarebbe grande infelicità; e bellissima cosa avere per giudicarne una guida tanto intelligente come il Cicognara.

Negli studi credo che principalmente l’uom debba seguire il proprio genio. E s’ella piú ama la poesia, bene sta:3 Dante adunque sia sempre nelle sue mani; che a me pare il miglior maestro e de’ poeti e nientemeno de’ prosatori. L’evidenza, la proprietà, l’efficacia di Dante mi paiono uniche. Ella si sente raffreddare e rallentare da Cicerone: a me per contrario, Cicerone, Tacito, Livio, Demostene, Tucidide fanno non minor calore che i piú caldi poeti. Ma questo non fa nulla: quel che importa è addomesticarsi solo cogli ottimi in ciascun genere. La prego a volermi liberissimamente e prolissamente dire quanto ha notato ne’ miei opuscoli. Questo è il frutto degli studi e delle amicizie sincere. Veda come io liberamente le scrivo: son degno ch’ella mi corrisponda. Mi tenga ricordato come servitor devoto al signor Conte suo padre: e a se stessa non lasci dimenticare che io l’ammiro e la reverisco e l’amo con tutto il mio cuore affettuosissimamente; e sappia ch’ella mi dà la piú cara consolazione quando mi dice di volermi bene. Per quanto io l’amo curi la sua salute; e quando senza disagio può, mi scriva; ché tanto mi sono soavi le sue lettere, quanto belle, e veramente

  1. Rettifica l'errore in cui era caduto G. nella lett. 48: v. nota 1, ad essa, a p. 84.
  2. Queste Vite furon lette da G. attentamente e ripetutamente; e si trovano spessissimo citate nelle sue opere: particolarmente se ne serví nella contraffazione del Martirio, come si vede dalle postille dell'autografo. Cfr. la citata mia Edizione critica delle Opere minori approvate (Bologna, Cappelli, 1931).
  3. O che il Giordani fosse stato persuaso dalle ragioni di G., o che non volesse ulteriormente contraddirlo, il fatto è ch'egli non insiste nella sua tesi che si dovesse comporre prima la prosa che in verso.