Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/231

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EPISTOLARIO domandar misericordia o vi seppelliranno vivo sotto un mucchio di carte. Le due lettere del Canova io le mandai a Bologna e ve ne scrissi per lo stesso ordinario parimente a Bologna: voi riceveste la mia, e nell’ultima vostra di colà mi diceste che quelle del Canova s’erano smarrite: ora poi che vi sono state rendute a Piacenza, fate i miracoli perché non sono accompagnate da una mia. Il manoscritto ch’io vi mandava 1 era dedicato al Monti, e vi pregava di farlo stampare costi, e scrivere al Monti perché mi concedesse d’intitolarglielo, aggiungendo ch’io gli avrei scritto, stampato che fosse, nel mandargliene copia. Il manoscritto s’è perduto insieme colla lettera. Sic te servami Apollo, ma solamente quanto al farlo stampare, giacché vi prego di nuovo che scriviate al Monti, avendo fatto ricopiare il libricciuolo e mandatolo a Roma,2 dove non lo farò pubblicare, se prima non saprò che m’abbiate impetrata la licenza che ho detto. Del Vida credo che vi sarete pentito d’averci speso quel paio d’ore che mi dicevate: ma non l’ho letto, e parlo secondo quello che n’ho sentito.3 Mi domandate che leggerò questo inverno: acilicet, libri antichi, perché i moderni qua non arrivano, e io presentemente leggendo sempre, sto in una totale ignoranza delle cose del inondo letterario. Ma noi Classici greci latini italiani m’immergerò fino alla gola. Se questa non fosse già troppo lunga, vi direi di certi disegni che ho concepiti.4 Ora vi dirò solamente che quanto più leggo i latini e i greci, tanto più mi s’impiccoliscono i nostri anche degli ottimi secoli, e vedo che non solamente la nostra eloquenza ma la nostra filosofia, e in tutto e per tutto tanto il di fuori quanto il di dentro della nostra prosa, bisogna crearlo. Gran campo, dov’entreremo se non con molta forza, certamente oon coraggio e amor di patria. Vogliatemi bene, e non m’uscite più con quelle lagnanze, ché dopo che mi avete conosciuto, non sono mica più cosi facile a perdonarvele. Carlo vi abbraccia, e tutti e due vi salutiamo di cuore, e 1 Delle due Canzoni. 2 II L. dovè sottilmente pensare che il suo «libricciuolo», non facilmente digeribile dalle censuro e dalle polizie specie dell’alta Italia, avrebbe potuto con più agevolezza ottenere l’Imprimatur per il tramite dell’insospettato abate romano F. Concellieri, che non per mezzo del sospettissimo Giordani; e quindi, fatto ricopiare il libretto, lo aveva inviato appunto al Cancellieri. Il quale tuttavia non durò poca fatica a carpirò lo stentato permesso di st ampa. 3 Cfr. lett. 13/5, p. 194. Qualo persona cosi competonto in Recanati (poiché fuori non risulta che G. tenesse con altri relazioni letterarie) poteva aver giudicato di quel libro in guisa, da indurre G. a condannarlo «senz’averlo letto»? Forse Froncesco Podnlirj Alitici f (Cfr. Ictt. 28. p. 52). 4 È difficile dire quali «disegni» avesse G. concepiti. Che gli frullasse nella mente fin d’ora qualcho dialogo morale alla maniera lucianòa Ì