Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/361

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326 EPISTOLARIO Nominatemi uno solo il quale coll’opinione di uomo di lettere, goda quella di uomo da bene, e la stima universale. Eppure questa è l’unica ambizione a cui voi certamente aspirerete: e come vi trovereste in mezzo ad essi? non vedete dalle stesse loro produzioni quanto sieno nemici imo dell’altro? Credetemi, Amico mio, e perdonato se azzardo consigli a chi mi apre il cuore. Il mondo d’oggi si risente troppo dello passate rivoluzioni, e sinché siasi meglio sistemato, non v’è da sperare «l’esser utile. E perché stando in casa vostra non potete occuparvi meglio? Orazio nei tempi simili ai nostri, cosa faceva? E quanti sommi uomini hanno illustrato il loro nomo vivendo a se stessi? leggete gli antichi, i Plutarchi, li Montesquieu, e tanti altri, e seguite i loro esempi: le loro Opere hanno acquistata l’immortalità, e sono utilissime. Al contrario li moderni Italiani come l’Alfieri, il Voltaire in Francia ed altri, qual nome hanno lasciato unito alla celebrità de’ loro scritti, in confronto del moralissimo Metastasio, dei Racine, e simili? Chi assume qualunque cosa, deve prima calcolarne il fine che ne risulterà, altrimenti si troverà burlato. 1 pubblici affari sono sempre pericolosi, e turbano l’anima: al contrario il vivere a sé produce una corta tranquillità che lascia all’uomo pensatore mille risorse di occuparsi anche utilmente per il pubblico bene, perché non essendo in ballo, vede il mondo e le cose senza passione e prevenzioni, e può scrivere più utilmente. La gioventù si forma dei ideali che la sola esperienza può smentire, ed io sono persuaso elio so voi aveste carteggiato con persone che adulandovi altro non cercavano che vittime del loro gusto, sareste molto più tranquillo. Li loro scritti illudono, e vi confesso che mi divertano qualche momento; ma qual è poi il bene che ne risulta? Ho moralizzato abbastanza, e solo voglio parlarvi deH’amicizia. Il cuore di un giovine s’accende con questo dolce sentimento, ed io vi sono grato per credermene capace, siccome sono certo che mi amate. Mi amerete poi sempre? e non vi avrò forse alienato con questo mio ciarlo? Cosi, e peggio succede coi più; l’amicizia è un dono dell’anima riservato a pochissime combinazioni della vita, e se influisce al sollievo momentaneo, produce pentimenti luttuosi. Io ne ho molte prove, e vi confesso che dopo averne perduto uno morto già da qualche anno, non trovo alcuno che s’invasta delle cose mie, come io farei dello loro. Finisco salutando il fratello a cui credo che renderete ostensibile questa diceria nella quale mi sono esteso più di quel che speravo dalle mie forze: cercate di distorlo dalle idee di fare il militare in quest’epoca; egli deve occuparsi dei affari domostici, e sarà assai meglio ricomponsato.l Se non trovate in Patria soggetti capaci di soddisfare il vostro spirito, non li troverete altrove.® Il mondo è corrotto, e li divertimenti che somministra, sono assai inferiori al sollievo di coloro, che sanno trovarli in se stessi. Vi abbraccio di cuore, e sono il vostro Gaddi. 1 Si vede chiaro che il Gaddi, il quale a scriver la presente finse di coglier l’occasione spontaneamente offertagli dallo stesso Giacomo con la sua lettera di augurii cui s’accenna in principio, ebbe di mira non solo di calmare le smanie e deviare le aspirazioni del primogenito, ma d’influire anche sulle impazienze e sui propositi di Carlo. Ma non ostante la stima ch’egli godeva presso tutti i membri della famiglia Leopardi, non ostante la saggezza di alcune riflessioni che fa, non ostante l’appello all’amicizia, si sarebbe mostrato troppo ingenuo se avesse creduto di poter, con la sua lettera, anche in piccola parte persuadere i duo maggiori fratelli Leopardi; i quali nel leggerla non avranno trattenuto un sarcastico, se non beffardo, sorriso. 2 Su questo punto si può dire che il Gaddi cogliesse giusto.