Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/363

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APPENDICE. Diamo qui in fine del volume un curioso documento epistolare di mano di Giacomo Leopardi, e steso certamente da lui. È una lettera, scritta in nome della Befana, con la quale Giacomo avrebbe voluto accompagnare i doni che la famiglia Leopardi aveva preparati per i ragazzi soliti a frequentare lo conversazioni serali della marchesa Roberti. Si tratta d’uno scherzo, a cui è certamente mancato il consenso dei genitori, e le ragioni sono evidenti; ma poiché lo scritto ha la sua importanza a mostrare l’umore faceto e burlevole di cui Giacomo dava prove frequenti nella sua prima età, ed è già in parte a stampa, s’è creduto bene riprodurlo per intero, in appendice al vero Epistolario. Alla Signora Marchesa Roberti.i (a mano) fa. d., ma Recanati, Epifania del 1810?]. Carissima Signora. Giacché mi trovo in viaggio volevo fare una visita a Voi e a tutti li Signori Ragazzi della Vostra conversazione, ma 1 Dall’autografo, conservato in casa Leopardi. Quantunque senza data, la lettera, so potò essere anteriore, non potè essere posteriore all’Epifania del 1810. Essa dimostra anche la frequenza dei Leopardi, padre e figli, allo conversazioni serali della marchesa Volunnia Roberti; nelle quali Monaldo, amico del marchese Isidoro e più ancora della Marchesa, emergeva tra i maggiorenti di Reclinati por la sua facile e spiritosa loquela, e Giacomo tra i fanciulli coetanei per il suo precoce ingegno, le suo trovate birichine e la sua prepotenza. La contessa Adelaide non solo rimaneva quasi sempre in casa, ma non vedeva bone l’assiduità del marito a quello conversazioni, forse per non restar sola, forse per mal fondati scrupoli di morale, o fors’anche por una mal celata puntura di gelosia; tanto elio tentò ripetutamonte d’impedirò al marito, che so no doleva, e ai figli quell’innocuo divertimento. Tale volontà di Adelaide era ben nota ai Roberti. Nell’agosto del 1812, quando Monaldo o i figli avevan già dovuto diradare, se non sospendere, lo loro visito in quella casa, il marchoso Isidoro scriveva al conto Monaldo: ■ Ripeto tutto dalla Contessa la privazione di voi e dei vostri figli. È possibile che non si voglia persuadere la Contessa che stareste tutti con la massima riserva, o che si copicrebbe il di lei sistema! Sapremo persino comparirvi al par di lei virtuosi, senza in sostanza esserlo, e ciò per tenere illesi i turgidi specchi [?]. Si quieti dunque la Contossa, e su tali fondamenti permetta la venuta del consorte e dei figli qui. So vorrete, mi darete a voce la risposta, noi mentre che Giacomuccio accomoderà la piccola libroria». Si vedo elio l’amore dei libri rendeva utili i servigi di Giacomuccio non pure alla biblioteca patema, ma si a quella molto meno importante del marchese Isidoro, ch’era uomo di sufficiente cultura, tanto da esercitarsi perfino in composizioni poetiche. Non ostante l’av