Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/46

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ANNI 1810-1810 - LETTERE 0-7 17 intimamente, né infatti si può aspirare a divenir saggio senza pensare in questa guisa. Essi m’impongono di salutarla da parte loro, e di baciarle la mano, ciò che io faccio in loro e in mio nome, pregandola a credermi immutabilmente suo affezionatissimo figlio.,?’. A Francesco Cancellieri. - R<yma? l’ocanati 6 Aprilo 18 IO. Pregiatissimo Signore. 11 mio signor Zio mi ha_ commuuicata la di lei lettera che in parte riguarda ine.2 Da essa ho appreso che ella soffre ancora molti incomodi di salute. L’accerto che io sento di ciò un vivissimo dispiacere, e con ribrezzo in’induco a molestarla, sperando però che ella non vorrà prendersi per l’incommodo che le do maggior briga di quella che richiede l’affare, per se stesso molto 1 Pubblicata primamente noli’opuscolo Quattro Intere inedite di U. L., a olirà di K. V. (Roma, A. Natali. 1847). 2 Non ho trovato nessuna traccia (li questa lettera del Cancellieri, né di quella dell’Antioi ohe l’accompagnava. Ma non è difficile ricavare dal progrosso della presente che, essendosi G. affrettato a seguire i consigli dell’Akorblad, e avendo chiesto al Cancellieri, forse a mezzo dello zio, so poteva procurargli alla Vaticana la collazione di alcuni codici, senza specificarli, l’abate romano gli avesse risposto affermativamonte, ma ohe aveva bisogno di più precise indicazioni. Lo zio Antici seguitava ad essere l’affettuoso intermediario e consigliere di G., o scrivendogli direttamente, o più spesso pel tramite di Monaldo col quale si teneva in serrate e continue relazioni epistolari. K come alla fine del’15 ogli incaricava Monaldo di ringraziare G. della «bella sua Orazione agl’Italiani • che aveva passata subito al Cancellieri (il Saggio sugli errori degli antichi che G. aveva gifi messo insieme nella prima, ma non definitiva, redazione non doveva ossere a conoscenza dello zio); cosi ai 9 febbraio ’1U scriveva al cognato: «Amerei che Giacomo, il quale tanto profitto ha fatto in cosi poco tempo nel greco, cominciasse a raccogliere dalle sue dotte fatiche il piacoro di farsi conoscere dal mondo lottorario con qualcho letteraria impresa veramente utile, e consentanea alla sua sublimo vocazione per lo stato più perfetto. Dna raccolta, o intiera o scelta, delle Omelie di S. Giov. Crisostomo, o degli Opuscoli morali di quello e di altri Padri Greci tersamente tradotti in italiano, e dottamente commentati, sarebbe un luminoso principio od un faustissimo augurio por la sua carriera *. Giacomo, prevenendo in parte il desiderio dello zio, già sulla fine del ’14 o nei primi mesi del ’15 s’era difatti occupato di alcuni Padri, greci del II secolo, ui quali seguirono Scrittori greci di storia ecclesiastica perduti, raccogliendo ricchissimi materiali ohe avrebbero potuto assumere vaste proporzioni se quei lavori fossero stati continuati e compiuti. A tali lavori di argomento religioso il giovine s’ora dato nella convinzione che essi, più di altri, fossero adatti a procurargli nelle alte sforo ecclesiastiche un gran mecenate; la qual convinzione era anche del padre. «Ma il povero autore», scriveva Monaldo al cognato, «dimorante in Recanati e ristretto alla mia sola Libreria, deve lasciare nei suoi scritti spesse lagune per mancanza di libri e di codici; e questa sua fatica non potrà porfozionorsi eho in altro tompo, e sotto altro cielo». Per la deplorata deficienza, o poi per la mancata vocazione di G. al sacerdozio, quei lavori rimasero nello stato di abbozzi. 2. • Leopahui. Epistolario. I.