Pagina:Leopardi - Opere I, Le Monnier, Firenze 1845.djvu/19

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XII INTORNO AGLI SCRITTI, ALLA VITA ED AI COSTUMI La condizione della contrada ov’egli nacque e studiò, e i travagli della rivoluzione, non consentirono al Leopardi di conoscere il mondo orientale com’è stato possibile di conoscerlo poi, che trent’anni di pace e lo sforzo onnipotente dell’occidente e della civiltà hanno così mirabilmente laceralo il mistico velo che lo nascondeva. Dunque egli cominciò il suo grande studio dal mondo greco; e si scontrò felicemente nei più grandi ingegni che, a memoria d’uomini, si sieno applicati alla considerazione dell’universo. È cosa incredibile (e bisogna esserne stato molti anni testimone e quasi parte per intenderla appieno) la dimestichezza ch’egli aveva presa con quella lingua e con quegli scrittori sovrumani. Basta che nei momenti in cui degnava di non nascondere i prodigi dell’ingegno suo, egli confessava di aver più limpido e viro nella sua mente il concetto greco che il latino o eziandio l’italiano. Da questa dimestichezza egli attinse una sorte di divinazione critica sopra tutti gli autori greci e della migliore e delle più basse età, riscontrata infallibilmente per vera o nei testi più perfetti o negli scolii e nei comenti dei più grandi espositori. Dal mondo greco passò a studiare il mondo latino; e dai dodici ai ventisei anni versò un così fatto tesoro di sapienza filologica in un si sterminato numero di carte, che, senz’ altre prove, s’avrebbe quasi paura di narrarlo solo. Mirabile di profonda e vasta erudizione ò il suo Saggio sopra gli errori popolari degli antichi. Mirabilissima la copia senza fine delle note, delle interpretazioni, delle chiose, dei comenti d’ogni genere sopra un gran numero d’autori antichi, fra i quali Platone, Dionigi d’Alicarnasso, Frontone, Demetrio Falereo, Teono