Pagina:Leopardi - Opere I, Le Monnier, Firenze 1845.djvu/26

Da Wikisource.

DI GIACOMO LEOPARDI. XIX meno avidamente fra i codici, massime della Barberi- niana, v’imprese un catalogo dei manoscritti greci, ed altri gravi e stupendi lavori; e se la natura e la fortuna non gli avessero così iniquamente mancato, l’immortale Mai, ch’egli tanto e tanto meritamente ammirò, non sarebbe stalo più solo. Visitato e carezzato a ventiquattro anni dai più gravi oltramontani che dimoravano allora in quella città, il sommo Niebhur faceva pubblica fede al mondo della presente e futura grandezza del giovane recanatese, ed in nome della dottissima Germania, che egli così nobilmente rappresentava, gli offerì indarno in Prussia, quel che non gli avrebbe offerto indarno e mai non gli offerì l’infelicissima Italia, una cattedra di filosofia greca. Poscia, vagando tuttavia solitario, interrogò lungamente quei silenzi e quelle ruine, e lungamente, in sul tramonto del dì, pianse, al lontano pianto delle campane, la passata e morta grandezza. E nel maggio del 23 si ritrasse mesto e taciturno alla solitudine natia. Quivi, mentre l’inesorabile natura avanzava, senza mai posare, nel suo mortifero lavoro, egli pianse, oltre a due anni, i desiderii e le speranze perdute; e nel luglio del 25 gli parve trarsi dagli artigli della morte quando viaggiò, per Bologna, a Milano, dove il tipografo Stella l’invocava come prezioso ed inesausto 'tesoro di erudizione. Quindi gl’inizi e la fama anticipata d’un gran freddo futuro lo risospinsero a Bologna, ch’era stanza allorj^^óspitalità, d’onesta letizia e di sapere. In Bologna,,£tìin’ è variata Italia nella sua divina bellezza, s’innebriò di cordialità, non altrimenti che in Roma s’era innebbriato di grandezza; v’attese con di¬