Pagina:Leopardi - Puerili e abbozzi vari, Laterza, 1924.djvu/53

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III. DA ORAZIO 39 Democrito non vuol che in Elicone abbia luogo chi curvo non ha il dorso; e, giovinotto essendo, ad un bastone non si appoggia, e più lunga ancor di un orso porta la barba, e l’unghie da leone; onde io, se a prezzo tal non sono accorso a Pindo, dovrò far come una cote, che il ferro aguzza, eppur tagliar non puote. 40 Conoscer dee d’ognun l’opre e i costumi chi vuole a tutti dar ciò che conviene ; se no, nel meglio vedrà spenti i lumi e seguir non potrà né mal né bene. Sappiate poi che d’eleganza i fiumi poco valgon talora, e spesso avviene che un rozzo fattarei piaccia alla gente più d’un sonoro e maestoso niente. 41 Solo i greci dicean con bocca tonda, in trappole s’impiega un uom romano, di neri inganni e di pasticci abbonda quel brutto muso del figliuol d’Albano. Come si può, fra tanto orror che inonda, far versi degni dell’onor sovrano? Frattanto ognun ricordi eh’esser breve e dilettare oppur giovar si deve. 42 Ogni favola sia prossima al vero, né mai d’un gatto il ventre mandi fuore un vivo sorcio: il popolo severo spesso condanna un vate, e al sommo onore giunger fa sol chi sa con magistero piacere e dar consigli al suo lettore; nel censurar però s’abbia giudizio per non venire a tutti in quel servizio.