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D’ISABELLA ANDREINI. 92

quando i’ sappia di gradirvi; e se non fosse, ch’i’ non voglio morir di doppia morte, credendo di contentarvi m’ucciderei di propria mano, ma che? s’io morissi havereste un contento solo, dove che, s’io viverò in tanti affanni n’haverete mille, e mille; con che fine vi prego da chi può darla quella maggior felicità, che per voi desiderar si possa, e che per me (colpa della crudeltà vostra) sperar non debbo.


Della Lontananza.


S

E la tormentata anima mia (ò solo, e vero obbietto, di tutti gli amorosi miei pensieri) farà tanto di tregua con le amare lagrime, che non meno i giorni che le notti infelicissima spargo, ch’io possa scrivervi la noiosa mia vita dopò, che ’l Sole de gli occhi vostri (misera me) mi fù tolto, spero muovervi à pietà del penoso mio stato: e tu dolore, s’altre volte da me fosti chiamato crudele perche troppo m’affliggevi, se cessi di tormentarmi, tanto ch’io colmi questo foglio de’ miei martiri, sarai chiamato pietoso: mi contento poi, che ’n me tu raddoppi le pene, per ricuperar quel tempo che sarai stato senza molestarmi, ancorche mi paia impossibile, che tu possi accrescer in me la doglia, havendoti io provato sempre oltre modo possente; e voi sospiri, e voi singulti cessate vi prego per breve spatio, accioche non tremi la mano mentre, ch’io vi


scrivo.