Pagina:Lettere (Andreini).djvu/245

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LETTERE

ca testa di Medusa, allaqual mutatione comprese mio padre come accorto, che la proposta non mi piaceva, e con tutte le ragioni, che possa addur un padre, mi confortò à far la sua voglia, e facendomi forza, perch’io rispondessi, prima sgorgando un lagrimoso rivo da gli occhi con voce debile da sospiri, e da singulti interrotta li dissi. Padre mio, se insino à quest’hora qual figliuola obediente non apersi mai la bocca per contradirvi; ma continuamente mi feci, legge del voler vostro, hor, che vuol grand’occasione ch’io dica l’animo mio il dirò, essendo ragionevole, che più tosto mio padre ’l sappia, che altri. Dunque con ogni dovuta humiltà vi dico non esser di mio contento di pigliar questo giovane ancorche dotato di qualità così rare, e di gratia non vi turbate; ma con rimembranza dell’ubbidienza passata perdonatemi la disubbidienza presente, e credetemi padre mio, che non altro pensiero, che di viver ancora per qualch’anno sotto la vostra custodia, e sotto i cari, e savij ammaestramenti della mia dolce madre hora mi vi fà contradire. Padre mio un’hora io non saprei viver senza voi, non voglio uscir ancora delle vostre braccia, e voglio credere, che non sarete così crudele che vogliate discacciarmi à viva forza. Tacqui finito questo con animo tremante come colui, che aspetta sentenza di casa, che molto gli prema, e ben vidi, che mia madre (presente anch’ella à questo) s’era piegata alle mie parole, e piangendo al mio pianto aperse la bocca per pregar mio padre à concedermi la giusta gratia, quand’egli tutto infuriato mi disse. Ah


compren-