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D’ISABELLA ANDREINI. 147

Della sagacità delle donne.


T

Roppo al giuditio mio inconsiderata è colei, che frettolosa elegge l’amante. Non vi paia strano Signore s’io vò circospetta nell’eleggervi per mio, e nel confermarvi per tale. Oh quanto ci vuole à conoscer se uno è vero amante, ò nò. Tanto il falso quanto il vero dice d’amare; hor chi vuol giudicar dalle parole, se le parole posson’esser e vere, e false? si dee forse creder à giuramenti? ah, che i giuramenti sono gli scudi de’ bugiardi; alle lagrime forse?

E le lagrime anch’esse han le lor frodi.

Imparano gli huomini sin dalle fasce (per quanto da savia donna informatissima delle attioni de gli huomini hò inteso) quelle parolette affettuose, quei sospiretti tronchi, quelle lagrimette sforzate, quelle passioni senza passione, per ingannar le misere donne: dunque non bisogna, che una donna accorta creda così facilmente ad uno, che dica d’esser amante, e particolarmente quand’è giovinetto: perche i giovinetti nascenti, che non fanno all’amor per altro, che per parer d’haver dell’huomo, sospirano sì; ma non sanno che cosa sieno i sospiri, e se per disgratia amano, non sanno ciò che sia amore; e che sia vero. Se trovano credula donna, che loro alcuna gratia


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