Pagina:Lettere d'una viaggiatrice - Serao, 1908.djvu/146

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viaggio a cosmopoli 139

Cosmopoli! Si, è così, sotto un radiante sole mattinale, che io, venuta, ahimè, dal paese tradizionale del sole, non vedevo più da molti giorni, in una prima giornata di primavera, fu colà, nelle penombre affumicate della stazione di Genova, diradate dalla luce calda e aurea, ancora nella dolce Italia, al principio di quella deliziosa riviera di Ponente, che è una delle gemme del nostro paese, colà che mi trovai presa fra cittadini di tutte le nazioni e cittadine di tutti i paesi, fra i linguaggi di ogni Stato e i dialetti di tutte le regioni straniere, fra una folla di visi nuovissimi, esotici, che io non rivedrò mai più, nella vita, com’essi, sino alla morte, non rivedranno mai più il mio volto, fra un pellegrinaggio di gente ignota, misteriosa, che se ne andava verso Cosmopoli e che era Cosmopoli, essa stessa, tutta quanta, come io pure, essere anonimo, sconosciuto — felicemente sconosciuto e anonimo — diventavo Cosmopoli anche io, cioè una particella di quel mosaico, la infinitesima particella italiana, travolta in quella moltitudine babelica, trasportata verso la Cornice, verso la Costa d’azzurro, verso