Pagina:Lettere d'una viaggiatrice - Serao, 1908.djvu/189

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182 lettere d'una viaggiatrice

cheggiavano le piazze austere e deserte, e le colonne di marmo si allungavano in ombre strane, sulle pietre. In quei tempi, oramai inesprimibilmente lontani — non li vivemmo, noi, forse, in sogno?... — e pure vibranti nell’anima, con espressioni invincibili, attraverso una gaia vita giovanile di lavoro, di ricerca, di produzione letteraria, di attività infaticabile, quotidiana, attraverso le lusinghe e anche le ardenti malinconie dei venticinque anni, attraverso le alte speranze e le impetuose amare delusioni, la voce di Francesco Paolo Tosti, che, dal pianoforte ci diceva, nella sua musica, il suo sentimento e il suo pensiero, era una delle allegrezze, una delle intime consolazioni di chi gli voleva bene, di coloro che egli amava, col suo retto e leale cuore di amico. Mi rammento: arrivava, alla sera, in marsina, elegante, impeccabile, già inglese per istinto, nei vestiti, ed essendo stato in società, in qualche ritrovo, dove era sempre desiderato ed ammirato, ci dichiarava, a noi, che non si sarebbe seduto al pianoforte: e noi fingevamo di credere a questa dichiarazione. Ma se una persona cantic-