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Fermare in cose il cor, che il tempo preme,
Che mentre più le stringi son passate:

cominciò a pensar d’uscire dalla selva della confusione, per la quale egli era camminato insimo allora, e cercare e investigare il suo vero fine. La qual cosa volendo egli narrare e poeticamente descrivere, dice:

Ma poi che io fui appiè d'un colle giunto,
Là ove terminava quella valle,
Che mi avea di paura il cor compunto.

Dove, stando alla metafora già presa da lui, egli assomiglia questo discorso e questa considerazione, la quale non lo lasciò seguitare di camminar più in tal confusione e incertitudine, a un colle; il quale attraversasse di sorte questa valle, la quale gli aveva compunto più e più volte il cuore e la mente di paura, ch’ei non poteva seguitare più oltre il viaggio sui; ma gli era forza o uscir di strada o salire il colle. Per il che fare, alzando egli gli occhi, cioè cominciando a pensare e discorrere donde fusse venuto in lui nuovamente tal considerazione, conobbe come ella nasceva

Da quella Regina,
Che la parte divina
Tien di nostra natura, e in cima siede,

e che la sommità e il principio di tal discorso era vestito de’ raggi del pianeta,

Che mena dritto altrui per ogni calle,

cioè illuminato dai raggi di quella divina luce, la quale scorge per il dritto cammin della salute ciascheduno che vuole. Nè si può certamente intendere, per questo sole, altri che Dio ottimo e grandissimo, non si ritrovando cosa alcuna un questo universo, come scrive il nostro Marsilio Ficino in quel libro che egli fa De sole et lumine, che si assomigli più a Dio, che il sole; non tanto per quella similitudine generale, ch’egli ha con esso Dio per essere cagione della generazione continova