Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/29

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quod multa tunc quoque eorum simulacra per fumum conspicerentur, quodque praeterea clangor quidam tubarum audiretur [...] Interea dum haec fiebant, simul ineffabilis cineris copia e vento egesta, terram pariter, et mare atque aera totum occupavit: quae res multa damna (ut fors tulerat) hominibus, agris, pecoribus importava, pisces, volucresque omnes peremit, duasque integras urbes Herculaneum et Pompeios, populo sedente in theatro penitus obruit.» </ref>: «In quel tempo accaddero delle cose orribili nella Campania, che sono veramente meravigliose. In fatti nell'autunno si accese repentinamente un grande incendio. Il monte Vesuvio è rivolto al mare dalla parte di Napoli, ed ha delle sorgenti ubertose di fuoco [...] La cosa avvenne cosi: si vide tra il giorno e la notte un gran numero d'uomini andar vagando per terra, e per aria, de' quali la grandezza superava ogni figura umana, poiché eran simili ai giganti, ed i quali apparivano ora nel monte, ora nella regione, e nelle città vicine [...]. Indi furono lanciate delle pietre immense, che giungevano alle più grandi alture: poi una gran quantità di fumo e di fuoco, in modo che oscurò l'aria, ed occultò il sole, come se fosse estinto [...] Sicché il giorno si convertì in notte, e la luce in tenebre, giudicandosi da taluni che i giganti risuscitassero, per la ragione che molte immagini di essi si vedeano a traverso del fumo, e che si udiva ancora un certo suono di trombe [...] Intanto nel mentre ciò accadea un'indicibile