Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/40

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Plinio avrebbe portato il lapillo verso Ercolano, né si sarebbe questo consolidato in tufo, siccome abbiamo detto, ma sarebbe restato interamente sciolto, siccome l'incontriamo oggi in Pompei.

I dotti Accademici Ercolanesi, conseguentemente, ammettono una pioggia di lapilli per Pompei, ma non per Ercolano, a cagione dello scirocco, che soffiava nel tempo dell'eruzione. Per quest'ultima città essi spiegano la desolazione in un'altra maniera, come appresso.

Gli stessi Accademici, poi, non han neppure pensato alle alluvioni, prodotte da dirotte piogge, che secondo me sotterrarono queste due città, strascinandovi sopra materie volcaniche e non volcaniche, conforme rileveremo in seguito. Essi all'opposto rigettano assolutamente l'acqua, ciò che rende vieppiù originale la mia scoperta. Ecco le loro parole1: «Guardati bene dal credere, siccome alcuni si sono persuasi, che questa materia fu condotta

  1. Cap. XI. §. XI. pag. 71. Cave enim creda, quod aliquot sibi persuaserunt, hujusmodi materiem aquarum vi illuc devectam fuisse. Si enim aquis inmixta defluxisset, nec cum caloris gradum servasset, quo ligna comburerentur, nec, quod caput est omnia ex aequo obtexisset; sed ex liquidorum lege ima petiisset, non secus ac evenisse didicimus anno 1631, cum valles omnes et profunda quaeque vulcanicis ejactamentis aquarum impetu propulsis oppleta et complanata fuerunt