Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/45

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per testimonio,» (ed intanto Plinio non dice una parola sola d'Ercolano e di Pompei, N.d.A.) «e che una lunga sperienza non ci avesse resi più dotti, l'istessa ispezione degli scavamenti c'istruisce abbastanza dell'arroventamento di questa materia [...] Bastantemente, dunque, dalla testimonianza degli antichi, e dalle osservazioni recenti resta dimostrato qual fu il fuòco, e quale la materia che distrussero Ercolano; cioè non già un torrente di fuoco liquido, di cui nessuno ha parlato finora, e del quale non abbiamo ritrovato vestigio alcuno, ma da ceneri e pomici infiammate.»

La spiega, intanto, della nuova dottrina de' signori Accademici è incomprensibile a segno, ch'essi stessi sentono dover imbarazzare il lettore, poiché soggiungono1: «Ma ci direte, come mai poté avvenire che una farragine simile, eruttata fuora dal monte, e non liquida, fu capace di caminare con tanta velocità per un terreno non molto scosceso? A dire il vero questa sembra la difficoltà più grande.» Or questa difficoltà svanisce subito

  1. Cap. XI. §. XV. pag. 71. At quo pacto, inquies, hujusmodi farrago e monte explosa minime liquescens tanta celeritate, et tam longe per solum non adeo declive procurrere potuit? Id enim, difficultatis caput videtur.