Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/48

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mi contento d'indicare qui le pagine dalle quali risulta, secondo lui, la distruzione delle due città per opera del fuoco, ossia del Vesuvio. Queste pagine sono la 6. 10. 12. 22. 24. 25. 26. 25. 26. 26. 28. 29. 29. 39. 40. 65. 103. 120. 167. 188. 189.

Giovanbattista Gagliardo (Atti del Real Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali di Napoli Tom. 1. fol. pag. 301.) socio ordinario dell'Istituto, nella sua memoria sull'agricoltura Ercolanese, letta nell'adunanza de' 12 Aprile 1810, parla così «Il Vesuvio colla terribile eruzione del 79, che come ognuno sà, costò la vita a Plinio, seppellì di terra volcanica, detta pozzolana bianca la città d'Ercolano, e copri di altra terra volcanica, detta lapillo, le città di Pompei e Stabia

Ecco dunque che gli autori, nostri contemporanei, ed i dotti Accademici, i quali hanno approvata e pubblicata la memoria del Sig. Gagliardo, sono tutti nell'istesso errore, siccome erroneamente pensano ancora tutti gli altri letterati viventi di questa capitale, i quali nel sentire la mia opinione sì sono rivoltati contro di me.

Or rilevandosi dalle testimonianze riferite finora quel che per XVII secoli han creduto d'Ercolano e di Pompei i dotti di tante generazioni, tanti viaggiatori, tanti scrittori, e soprattutto un'Accademia istituita espressamente dal governo, affine d'illustrare le cose d'Ercolano, da cui prese il nome; all'opposto non essendovi stato finora alcuno, che avesse contraddetto l'opinione generale degli scrittori, io che ripeto il sotterramento di quelle due città non dal fuoco, come si è creduto finora, ma da alluvioni,