Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/52

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e finti avesse ingranditi i veri pericoli. Ma lascio agl'istorici la cura di fare l'apologia della storia, ed io proseguendo il filo del mio argomento cercherò di smentirla colla geologia. Il libro della natura è ormai aperto, e gl'istorici non potran chiuderlo sicuramente colle loro ipotesi.

Prima di ogni altra cosa, poi, devo qui accennare lo stato, in cui si ritrova oggi Ercolano, dove non bisogna attendersi di vedere case e strade disotterrate, come si osservano in Pompei. Tutti gli edificj, infatti, scavati, e dai quali sono uscite tante pitture, tante statue, tanti vasi, tanti candelabri, tanti utensilj, tanti istromenti, tanti famosi papiri, e finanche varie provvisioni da bocca, non esistono più. Essi dopo lo spoglio di tanti oggetti antichi, furono, perché la soprapposta Resina non precipitasse ne' voti sottoposti, ossia negli scavamenti fatti, ripieni. Ma non meritano di essere censurati i nostri architetti, che fecero sotterrar tutto, in vece di conservar tutto con idonee fortificazioni? Con ciò si sarebbero tramandate alla posterità quelle famose rovine, ed il governo sarebbe stato giornalmente nel caso di far eseguire, con poche spese, delle nuove scoperte. Gli amatori delle cose antiche dovrebbero, mi pare, crepare di rabbia. Quante pentole screpolate! Quanti monolicni e dilicni, ossia lucerne ad uno, ed a due lucignoli rotte ed infrante! Quante monete arruginite! Quanti lacrimali sfondati! Quanti magnifici Priapi, rosicati e mutilati dal tempo! E quante altre di somma erudizione e dottrina gravide bagattelle, peste, e sfigurate,