Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/82

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si conservano nel Real Museo, per convincermi del suo assunto; ma non fu esibito vetro alcuno. Or io feci subito rilevare, che la pretesa fusione per cagione del fuoco volcanico, non era altro, se non che una semplice ossidazione del ferro, fatta dall'aria e dall'acqua. E poi, io dicea, il ferro martellato, che senza addizione è infusibile ne' fuochi i più forti, come potea restar fuso dalle ceneri volcaniche, supposte anche infocate, senza fondamento alcuno?. Ma avvedutomi d'un pezzo di legname, ch'era ancora attaccato alla toppa d'Ercolano, lo mostrai al mio opponente, che tacque. Riguardo al vetro fuso, cosa potrebbe egli dimostrare, se venisse esibito? Niente altro, che questo vetro fuso fu ritrovato in Ercolano, ma non già che fu fuso dal fuoco del Vesuvio. Ma poi cosa dinota vetro fuso? I vetri non sono tutti fusi? Forse un vetro fuso per la seconda volta? Ma l'arte non rifonde i vetri? Non potea esservi in Ercolano un vetro rifuso dall'arte? Coma và poi che il fuoco, il quale bruciò i papiri, il quale fuse il vetro ed il ferro, ed il quale distrusse la città intera, non arse tante provvisioni da bocca, ritrovate in Ercolano, e conservate nel Regio gabinetto, come pane, fave, piselli, orzo, fichi, noci, lenticchie, e simili? Del resto queste opposizioni non dimostrano l'intima persuasione, che anzi la caponaggine de' letterati, nostri contemporanei a favore d'un punto classico della storia, ch'io combatto? Era perciò necessario di riferirle, onde trasmettere alla posterità, colla scoperta, l'opinione del tempo, in cui è stata fatta.

Abbandoniamo ora per un momento le rovine di