Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/87

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all'interpetrazione de' nostri letterati, o per meglio dire allo sforzo de' sofismi di costoro per conciliare due sistemi diametralmente opposti tra loro. Chi dunque parla oggi di fuoco e d'acqua, come cagione dell'atterramento e del sotterramento d'Ercolano e di Pompei, pretende stabilire una nuova opinione, ma non farà mai l'apologia della storia. Io intanto ho intrapreso di confutare la storia, e non già un'opinione nuova, della quale niente è stato scritto finora, ed alla quale la mia opinione, come altresì il pregiudizio e la difficoltà di volersi distaccare dall'altra, da tanto tempo generalmente adottata, potranno forse dare precariamente origine.

Or stante questa controversia, propostami da non pochi de' nostri letterati, mi vedo nella necessità di dire due parole in contrario, prima di abbandonare il mio proponimento.

Sicchè si pretende che il Vesuvio abbia gittato fuoco, ceneri, lapilli, terre, pietre ed acqua, da quali cose tutte restarono distrutte e seppellite le città di Pompei e d'Ercolano. A tal proposito si cita, per esempio, l'eruzione del 1631, della quale da tanti scrittori si asserisce essere stata vomitata dal Vesuvio un'immensa quantità d'acqua, che inondò e fece tanti danni a varj luoghi.

Primieramente rispondo, che l'epoca della distruzione e del sotterramento di Pompei e d'Ercolano fissata dalla storia, è quella dell'eruzione del 79. Or la storia che ne parla tanto, e che la dipinge così terribile, non dice affatto di esser uscita acqua dal Vesuvio in questa stessa eruzione volcanica, ciò non avrebbe certamente omesso, se tanto fosse accaduto.