14. Noferi vanne, e sente dir ch’egli era
Con un compagno entrato in un fattoio1,
Ov’egli ha per lanterna, essendo sera,
L’orinal fitto sopra a un schizzatoio2,
E di fogli distesa una gran fiera,
Ha bello e ritto quivi il suo scrittoio;
Sicchè presto lo trova, e in sull’entrata
Dell’unto studio gli fa l’ambasciata. 15. Ei, che alla cura esser chiamato intende,
Risponde, avere allora altro che fare;
Perchè una sua commedia ivi distende,
Intitolata Il Console di Mare3:
E che se l’opra sua colà s’attende,
Un buon suggetto è quivi suo scolare,
Di già sperimentato; ed in sua fece
Avría mandato lui: e così fece. 16. Era quest’uomo un certo medicastro,
Che al dottorato4 suo fe piover fieno:
E perch’ei vi patì spesa e disastro,
È stato sempre grosso con Galeno.
E giunto là: vo’ far, disse, un impiastro;
Onde, se il mal venisse da veleno,
Presto vedremo: intanto egli si spogli,
E siami dato calamaio e fogli.
↑St. 14 Fattoio. Frantoio, mulino da olio. (Nota transclusa da pagina 162)
↑Schizzatoio. Canna da clisteri. (Nota transclusa da pagina 162)
↑St. 15. Il Console ecc. Il vero titolo di questa commedia del Maniglia (Lion Magin) è La Serva nobile. (Nota transclusa da pagina 162)
↑St. 16. Al dottorato. Nell’addottorarsi. (Nota transclusa da pagina 162)