68. Tutti quei topi via ne vengon ratti,
E furon per mangiarmi dalla festa;
Perocchè dalle granfie io gli ho sottratti
Di quella bestia a lor tanto molesta.
Così vo rampicando come i gatti
Sull’aspro monte dietro alla lor pesta,
Sopportando fatiche, stenti e guai,
E fame e sete quanto si può mai. 69. Pur finalmente in capo a due altr’anni
Giungemmo al luogo tanto desiato.
Ma non finiron qui mica gli affanni,
Perchè di muro il tutto è circondato;
E qui s’aggiunge ancor male a malanni,
Ch’io trovo l’uscio, ma ’l trovo diacciato1.
Pensa se allor mi venne la rapina2,
E s’io dicevo3 della violina. 70. Ora tu sentirai, che ’l dare aiuto
A tutti quanti sempre si conviene;
Perchè giammai quel tempo s’è perduto,
Che s’è impiegato in far altrui del bene.
Non dico sol all’uomo, ma anche a un bruto
Che forse immondo e inutile si tiene,
E che tu non lo stimi anche una chiosa4;
Perocch’ognuno è buono a qualche cosa.
↑St. 69. Diacciato qui vale serrato. Vedi c. III, 3. (Nota transclusa da pagina 204)
↑Rapina. Rabina, rabbia (Nota transclusa da pagina 204)
↑Dicevo. ecc. Brontolavo imprecando. (Nota transclusa da pagina 204)
↑St. 70. Chiosa. Punto, iota, acca. (Nota transclusa da pagina 204)